venerdì 2 novembre 2018

Pellegrinaggio in Oriente 5

Leo scomparve nella pericolosa gola di Morbio Inferiore (35).

Come? Perché?

Il narratore osservò: Solo molto più tardi incominciai a intuire (...) le vere circostanze e i più profondi nessi della scomparsa di Leo che non fu affatto un caso, bensì un anello in quella catena di persecuzioni con le quali il grande Nemico cercava di far fallire la nostra impresa. (35)

Sempre quando le cose non funzionano pensiamo ad un nemico esterno: i guai capitano – diciamo – perché qualcuno ce li fa capitare. Ed è molto rassicurante per noi. Ma la realtà è più semplice (e allo stesso tempo, per noi, più complessa): il grande Nemico spesso non esiste e le difficoltà nascono dal nostro comportamento. Il grande Nemico siamo noi.

La scomparsa di Leo venne subito caricata di un senso profondo e scoraggiante. Era anche l'inizio di una battaglia... Aumentava un senso di sconfitta e di inutilità... Pareva che quanto più la sua perdita diventava certezza, tanto più egli ci fosse indispensabile. (36)

Insomma ci pareva che l'impresa stessa perdesse misteriosamente di valore. (36)

In poche ore l’atmosfera cambiò. Le conseguenze, si indovina fin da ora, saranno funeste.

Non era solo la mancanza di una persona, diventata cara – osserverebbe un maligno – solo dopo la sua scomparsa, ma anche della perdita di alcuni oggetti importanti. Ora l’uno, ora l’altro di noi notò la mancanza di qualche cosa importante, indispensabile, nel proprio bagaglio, e nulla di ciò venne trovato. (38). Tutto era nel sacco di Leo? Quegli oggetti erano veramente così importanti?
La scomparsa del servitore parve catalizzare una crisi latente e tutto venne rimesso in discussione. Dovettero, gli una volta entusiasti viaggiatori, prenderne atto: ciò che pareva mancare in realtà non mancava o era irrilevante, ma ciò che era importante in realtà non c’era più.

I viaggiatori erano disorientati, in preda ai dubbi distruttivi. Certo non erano uniti. Ma lo erano mai stati o lo erano solo parsi? Molte avversità separano ciò che pareva unito. Ciò che resta unito dopo le avversità, allora sì che è veramente unito, e lo è profondamente. E se fosse stato proprio questo l’intento del viaggio: unire ciò che era sparso? Unire ciò che sembrava unito ma non lo era?
Che fine fece Leo? Incidente? Agguato mortale? Allontanamento volontario?

La scomparsa del servitore Leo fu dunque un “punto fermo” del viaggio o di quel che ne restava.

Il ricordo del narratore andò all’accampamento dove si fecero quelle prime discussioni, vedo cadere qua e là, tra le facce insolitamente serie, le foglie gialle d’autunno, vedo l’una fermarsi su un ginocchio, l’altra posarsi su un cappello. (41)

Significative le foglie d’autunno! Nel racconto non era solo l’autunno astronomico, ma pareva quasi il segno del tramonto sulla grande esperienza. O grande illusione?

Cadono le foglie, arriva l’inverno. La natura si addormenta e sospende i suoi lavori solo per iniziare a primavera un nuovo ciclo. Ma quei viaggiatori tristi, che non vedevano futuro nell’impresa, non sembravano consci dei cicli: in cuor loro vedevano irrimediabilmente compromesso il viaggio e forse già cominciavano a pensare a disimpegnarsi.

Oppure... Se invece fosse stato l’inizio di un nuovo modo di viaggiare se solo avesero affrontato il problema da una visuale diversa?

Qualcosa effettivamente scomparve: un documento inestimabile e addirittura fondamentale e indispensabile era perduto davvero e per sempre. (39). Che cosa fosse il documento il narratore non dice o non sa, avanzandone invece le ipotesi più varie sulla natura e dove avrebbe potuto o non potuto essere.

Documento sparito con Leo? Nessuno lo poteva affermare con certezza. Ma da quel momento insomma non ci furono più concordia e sicurezza nella nostra Lega, benché la grande idea ci tenesse ancora uniti. (41)

Era stato colpito proprio il senso dell’essere lì: mancando armonia e concordia di intenti la grande idea del viaggio venne minata alla base.

Il narratore ora voleva raccontare l’esperienza vissuta anche per tramandarne il ricordo. Infatti gli avvenimenti dimenticati è come non fossero mai successi.

Il ricordo è strettamente collegato alla memoria. Ma raccontare basandosi solo sulla (propria) memoria è narrazione deformata. Come raccontare? E cosa? E... soprattutto... è possibile raccontare?
Infatti senza aver, si può dire, raccontato ancora nulla, mi sono arenato in un solo piccolo episodio al quale da principio non avevo neanche pensato, mi sono incagliato nella scomparsa di Leo e, invece di un tessuto, mi trovo in mano un fascio di mille fili aggrovigliati che cento mani impiegherebbero anni a sciogliere e sbrogliare, anche se i singoli fili, non appena si afferrino e si cominci leggermente a tirare, non fossero così tenui e non ti si spezzassero fra le dita. (43)

La memoria fa esattamente questo: non riporta il tessuto, ma un groviglio di fili, una specie di piatto di spaghetti dove il singolo spaghetto si perde in una matassa inestricabile. Puoi seguirne uno, ma solo per un poco. Qualche avvenimento sta in uno spaghetto (e lì son tutti ordinati cronologicamente) e altri eventi in un altro e altri in un altro ancora, ormai cronologicamente confrontabili solo quelli sullo stesso spaghetto e non quelli su spaghetti diversi. Non ce ne rendiamo conto, ma la memoria frantuma l’ordine cronologico, proprio quello che dovrebbe essere alla base di una cronaca fedele del passato. E non solo...

Dov'è il centro degli eventi, il nucleo comune, il punto a cui [gli eventi] si riferiscono e in cui si congiungono? (43). Infatti la memoria non aiutò il narratore. Non ricordava, ammesso che il narratore l’avesse compreso, il “centro degli avvenimenti”, la trama comune che ordina tutto e attribuisce agli avvenimenti il senso di ciò che è successo.

Ricordare infatti non è riportare alla mente gli avvenimenti come accaddero, ma riprendere la nostra immagine (i ricordi, appunto) di quegli avvenimenti: non l’ordito dei fatti ma solo ciò che noi oggi rammentiamo: Non c'è un’unità, un centro, un punto intorno al quale la ruota possa girare. (43)

Il narratore si era perso nei meandri della sua memoria: Tutto mi diventa una massa di immagini frantumate che si sono rispecchiate in qualche cosa, e questo qualche cosa è il mio io. (44)

Dunque, è l’io il centro? No: Questo io, questo specchio, non appena io lo voglia interrogare, non è che un nulla, il pelo di una superficie di vetro. (44)

Il fantomatico centro... Ma è mai esistito?... Non so... non ricordo...

Nessun commento: