lunedì 11 settembre 2017

Giordano Bruno e Mazzini

Dieci anni fa un amico spedì a mio padre un opuscolo che ricordava il ventennale della sua Loggia, "Orizzonte" di Roma. Lui, come era sua abitudine, risposte subito.


Ti ringrazio poi per l’ottimo opuscolo che ricorda il ventennale della Loggia “Orizzonte”. Oltre le notizie storiche porta anche tavole ricche di concetti preziosi...

Un ringraziamento particolare te lo devo fare per la copia anastatica del “Giordano Bruno” di Erminio Troilo. L’eretico nolano è da molto tempo uno dei miei punti di riferimento.

Non è facile affrontarlo. Per evitare eventuali sovrapposizioni di giudizi altrui ho voluto in principio affrontarlo da solo, quasi direttamente, in certi testi meno difficili. Volevo farmene un’idea personale da confrontare poi con i migliori esegeti del suo pensiero: la Yates, Firpo e qualche altro.

Ritengo che Bruno sia stato e sia tuttora una guida per l’umanità; bruciandolo il cristianesimo nella versione cattolica si è castrato con le proprie mani ed ha perso una possibilità di rinnovarsi tenendo il passo con l’evoluzione dell’Umanità. Ed è un peccato perché il cristianesimo ha saputo guidare l’umanità nel confuso periodo del trapasso dalla civiltà greco-romana al lungo periodo successivo che possiamo tranquillamente definire della civiltà cristiana.

Certo la lettura di Bruno non è sempre di facile comprensione. Ci vuole un grande impegno sia per leggerlo che per digerirlo. Ma se lo si arriva a capire si può anche comprendere quanto possa essere utile per l’evoluzione interiore e per la realizzazione della propria iniziazione.

Il lavoro di Troilo è anche importante perché fece parte di una collana dell’eclettico editore Angelo Fortunato Formiggini, modenese di nascita, di temperamento burlesco e faceto, dotato di uno spirito allegro, talvolta anche caustico. Era ebreo ma non aveva mai dato alcuna importanza alle differenze razziali, e non era certo un praticante della religione ebrea. Era un uomo fra uomini e basta. 

Al momento delle leggi razziali, deluso, sconfortato e nell’impossibilità di continuare a lavorare, sia in proprio che da dipendente, tornò a Modena e volle protestare contro tale obbrobrio gettandosi dalla Ghirlandina. Di questo suicidio però il regime proibì allora qualsiasi cenno. Solo nel dopo guerra ci furono alcune notizie. Ne fui incuriosito ma non ne sentii più parlare; anche i regimi democratici possono usare il silenzio per far dimenticare personaggi scomodi. Solo alcuni anni fa... una conferenza di Antonio Castronuovo, altro conoscitore del pensiero di Bruno, ci fece conoscere in modo più approfondito la figura dell’editore modenese. Lo stesso Castronuovo nel 2005 ha pubblicato presso Stampa Alternativa un tascabile “Libri da ridere” con il sottotitolo “La vita, i libri e il suicidio di Angelo Fortunato Formiggini”.

Tornando a Bruno ti faccio presente che alla base del mio modo di vedere, naturalmente sempre relativo ed incompleto perché frutto del lavoro interiore di un uomo che, proprio perché tale, è relativo ed incompleto, c’è un’attenzione di carattere storicista che deriva dal pensiero dell’abate Gioacchino da Fiore, altro mio punto di riferimento incontrato attraverso Mazzini.

È probabile che ti abbia già accennato che Giuseppe Mazzini è stato, ed è tuttora, per me la prima Stella Polare da quando nel 1938, un carissimo amico, che è stato quasi un fratello maggiore per me, mi mise in mano alcuni suoi scritti. Avevo 16 anni.

Stella Polare. Ritornano alla mente immagini notturne in navigazione in Egeo e nel Mediterraneo orientale quando la vista della Stella suggeriva alla mente concetti astratti su cui meditare mentre il cervello stimolava i sensi materiali all’attenzione al fine di percepire ciò che poteva accadere. La Stella era allora, come ora del resto, una vista familiare, un punto di riferimento per ritornare alla realtà nei viaggi del pensiero. Ora, se di notte mi capita di vederla, posso anche permettermi il lusso di astrarmi completamente dalle condizioni materiali e seguire le speculazioni che la Stella mi suggerisce. Allora invece una parte di me doveva sempre rimanere vigile, pronta agli eventuali allarmi che il marinaio di vedetta doveva dare.

Mi è molto piaciuto, riferendoti al nome della tua Loggia, ciò che mi hai scritto sul concetto di orizzonte. Sono osservazioni che portano noi, ricercatori delle verità nascoste dai simboli (questuanti del sapere mi piace dire) a lavorare in un certo modo. E talvolta succede anche che nella nostra interiorità si risvegliano cose che erano già presenti ma di cui non ci eravamo ancora resi conto.

Presenti ma inespresse, come inattesa di una sollecitazione, di un lampo di luce. Ecco perché tutto ciò che troviamo nella nostra questua dobbiamo portarlo dentro di noi per sperimentarlo, per viverlo e farlo nostro. Farlo anzi diventare parte di noi stessi.

Alle volte sono solo delle piccole scoperte, tuttavia per quanto siano piccole, sono sempre dei piccoli scalini dell’immensa ed interminabile scala che può ampliare il nostro orizzonte. Poi, questi scalini, una volta usati, possono anche non servire più, non esserci più; ma in quel momento ci sono serviti e sono stati una cosa molto importante per noi. È un concetto che ho ritrovato anche in Bruno.

Ritengo però che dobbiamo sempre tenere presente che l’eventuale raggiungimento di maggiori livelli di conoscenza comporta anche maggiori doveri.

Termino osservando che nella quarta pagina di copertina l’opuscolo per il ventennale della Loggia “Orizzonte” riporta l’immortale “Se...” (If....) del fr Rudyard Kipling. È una poesia che ci ricorda come ciascuno di noi debba sempre essere solo sé stesso.

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