venerdì 16 ottobre 2015

Tolleranza

La tolleranza è sicuramente una delle pietre miliari della massoneria: il massone è tollerante direi quasi per definizione.

Sono belle parole, ma (c’è sempre un ma) vanno ben precisate.

Intanto, dal punto di vista simbolico, la tolleranza mi pare un’arte costruttiva. Ho due posizioni contrastanti (mia e di un altro, per esempio, o entrambe dentro di me) e debbo fare in modo di “superarle” giungendo ad una nuova posizione che non sia nessuna delle due, ma che abbia in sé dell’una e dell’altra. Per usare simboli a noi familiari, debbo costruire un arco che si appoggia sulle due colonne, che così “sopportano”, “tollerano” entrambe l’arco.

E fin qui è tutto bello.

Ma quando mi imbatto in un’altra persona, o gruppo di persone, che tollerante non è, che faccio?

Ritornando al simbolo dell’arco, se una delle due colonne non c’è o non è in grado o non vuole essere di sostegno all’arco?

Beh, carissimi, non ho alternative: mi metto in cerca di un’altra colonna, oppure rinuncio a costruire l’arco.

Fuor di metafora, io penso che il lavoro di loggia sia come il lavoro in un cantiere edile, cioè sia una tipica attività di gruppo. Se il gruppo lavora male è il singolo massone che viene obbligato a lavorare male. Ma se un singolo massone lavora male o non vuole impegnarsi è tutto il gruppo che viene frenato e lavora male. E quindi è necessario intervenire.

Il lavoro muratorio infatti si regge su un equilibrio molto delicato e nella Loggia ci deve essere il gruppo dei maestri più attenti che vigilano per evitare certe “cadute”.

Altrimenti purtroppo non resta che una sola via, cercare un altro gruppo-loggia.

Perché la tolleranza non deve essere sopportazione.

Nessun commento: