(continua dal post precedente)
Dopo la premessa, forse un po' pedante, del post precedente, comincia la storia. E' una affabulazione rivolta al mondo della gastronomia, anche se il termine mi pare eccessivo. Diciamo, meglio, che l'equilibrio nel vivere è anche equilibrio nel mangiare, ma sapendo che il mangiare non è fine a se stesso.
Questo lavoro è liberamente ispirato da Lo Zen della tagliatella romagnola di Marco Galizzi (Soc. Editrice “Il Ponte Vecchio”, 2011, Cesena). In particolare la traduzione in vernacolo romagnolo dell'aforisma Zen è nel capitolo: La visione cosmica della tagliatella.
COMINCIA LA STORIA
Maestro Venerabile. Poiché ora vi è stato restituito il bene della Luce fisica, consentitemi di richiamare la vostra attenzione su ciò che noi consideriamo le tre grandi, anche se simboliche, Luci nella Libera Muratorìa. Esse sono: il Volume della Legge Sacra, la Squadra e il Compasso. Le Sacre Scritture per reggere la nostra fede, la Squadra per regolare le nostre azioni, e il Compasso per tenerci nei giusti limiti di condotta verso tutta l’Umanità, in particolare verso i nostri Fratelli nella Libera Muratorìa.
Rituale
Emulation
Dal Rituale del Primo
Grado
Prima di
praticare per trent’anni lo Zen vedevo le montagne come montagne e
le acque come acque.
Quando giunsi a
una sapienza più profonda, vidi che le montagne non sono montagne e
le acque non sono acque.
Ora che ho
raggiunto l’essenza della sapienza, sono in pace, perché vedo le
montagne come montagne e le acque come acque.”
Ch’ing-yuan
In poche righe (mi riferisco alla
terza citazione) è racchiusa una grandissima verità. Forse qualcuno
può essere disturbato da un linguaggio così astratto, quasi etereo,
evanescente. Rendiamolo allora più "concreto", magari
in un ostico vernacolo fra i tanti d'Italia.
Préma ad fêr
e' Zen, al tajadèli l'i m' paréva tajadèli e i caplét i m' pareva
caplét.
Da
quând che a faz e' Zen, a vegh che al tajadèli l'i n' é piò
tajadèli e i caplét i n'é piò caplét.
Ma
da quând che a sò illuminé al tajadèli agl' é turnêdi tajadèli
e i caplét j è turné caplét.
Ed ecco quindi che per la forza
delle cose il titolo deve cambiare. Non più Dal
preistorico Sole e Luna all'Oggi eccetera, ma:
TAGLIATELLE E CAPPELLETTI
La nostra storia comincia in un
grande bosco naturale: ettari ed ettari conservati per così dire
come erano una volta.
Non importa dove ci troviamo, il
luogo esatto, la località geografica...
Come non importa sapere
quando, se oggi, ieri oppure in un lontano passato o magari nel
futuro.
Accontentiamoci di sapere che in qualche piega dello spazio e
del tempo siamo ad un bivio. E non preoccupiamoci troppo se notiamo
possibili incongruenze storico-geografiche: si sa, se realtà e
fantasia si fan guerra, è la fantasia che sconfigge la realtà.
Siamo ad un bivio. Ma questo è un
bivio strano, non come tutti gli altri. In genere i bivi normali,
onesti, sono quelli nei quali la strada che percorri si biforca e
devi scegliere se andar di qua o di là. Questo invece è per così
dire un bivio alla rovescia, dove le strade già "biforcate"
si riuniscono in una, un po' come quei due fiumi, il Montone e il
Ronco, che a Ravenna, pochi chilometri prima della foce, si uniscono,
cambiano nome e vanno al mare insieme.
Al nostro bivio sono fermi tre
personaggi.
Per quanto ne sappiamo non si sono mai incontrati prima,
ognuno proviene da una strada diversa e per qualche strano caso si
trovano nello stesso momento là dove le tre strade si riuniscono e
continuano in un'unica via. Infatti più che bivio si tratta di un
trivio, termine poco usato ma correttissimo e di lunga storia, con
illustri origini latine (trivio da trivium, cioè tre vie) e
ancora più illustri precedenti medievali, con il qual termine
indicandosi le arti appunto del Trivio (la Grammatica, cioè il latino,
la Retorica, cioè l'arte di comporre frasi e discorsi, e la Dialettica, cioè
la filosofia). Per rimaner nel colto i tre stanno a trebbio
(trebbio, stesse origini di trivio) termine letterario che troviamo
per esempio in Francesco d'Assisi e in Pascoli.
(continua)
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