giovedì 17 settembre 2015

Tagliatelle e cappelletti 4

(continua dal post precedente)

I tre, Alceo, Callisto e Mentore stanno parlando nel trivio. Una domanda sorge spontanea: che hanno a che fare tagliatelle e cappelletti con la Massoneria? Beh, noi siamo abituati a dividere e classificare tutto, per cui mettiamo le tagliatelle nel reparto Gastronomia e l'Apprendista nel reparto Massoneria. Ma forse il mondo è allo stesso tempo più semplice e più complesso di quanto immaginiamo.
Una regola è certo quella che fa della Massoneria un atteggiamento dell'uomo, per cui puoi far massoneria con tutto e su tutto, anche con una foglia caduta in autunno o un sasso del cortile... 
E anche con un piatto di tagliatelle al ragù. Certo qualcuno può storcere il naso al pensiero di trattar di ragù in Loggia, ma vi assicuro che è successo, e non per discutere del menù di un'agape (cosa piuttosto frequente, purtroppo!) ma come spunto di ricerca di equilibrio e di bellezza. E se non è Libera Muratoria questa...



LA RICETTA

Alceo ha appena conosciuto una ricetta nuova. Si trovava ospite in una casa e gli avevano offerto un piatto di tagliatelle al ragù. Non ne aveva mai sentito parlare. L'aveva assaggiato e ne era rimasto entusiasta, tanto da volerne riprodurre la bontà.

Lì, fermi al trivio, seduti su morbida erba profumata, Alceo cerca di descrivere agli altri le sensazioni provate assaggiando quel piatto: morbide, eppur sode, striscioline di pasta unite tra loro da un condimento particolare, creato con mescolanza e amalgama di vari sapori di carne e dell'orto, sobbollendo per lungo tempo.

Ecco la lista, che Alceo ha debitamente redatto nella dotta lingua dei dotti. Bubŭla (cioè carne di bovino) et spectĭle (la nostra pancetta) nella rigorosa proporzione 1 a 0,5. E ancora: carōta, apĭum (il sedano) et cepa (la cipolla); solanum lycopersicum (il pomodoro) passato, lac (il latte) et vinum album (bianco). Infine paucum ius (che non è il diritto ma semplicemente il brodo), oleum aut butyrum (olio o burro). E ancora sal et piper quamlĭbet. Da ultimo in coqui libero arbitrio flos lactis (cioè: facoltativamente panna).

*

Callisto ascolta attentamente Alceo. Coglie subito la capacita dell'interlocutore di costruire un discorso corretto. Certamente Alceo si è impadronito della tecnica di parlare. Esprime chiaramente ciò che vuol dire e questo dimostra la serietà del suo studio.

Già, la serietà... Non significa evitare il ridere, ma impegno nel lavoro, comprensione della sua importanza; serietà significa essere in grado di assolvere i propri doveri. Ma serietà è anche conoscere i propri limiti e non pretendere l'impossibile.

Tuttavia Callisto riconosce che il lavoro di Alceo è ancora troppo rigido, accademico quasi, di quel "sapore di accademia" che codifica il sapere e così lo trasmette senza rendersi conto che il codificar troppo è quasi sinonimo di sterilizzare, e trasmettere così una pappina uniforme, tutta uguale, senza le sfumature di sapori di un buona e varia bistecca, magari un po' duretta ma gustosa, o di un frutto saporito e succoso anche se un po' beccato da uccelli golosi.

E' interessante la sua ricetta del ragù, ma troppo scolastica. Bello l'uso del latino, ma forse non appropriato per l'argomento. Sembra quasi di aver ascoltato una ricetta di Apicio (il cuoco della Roma del primo secolo), però congelata quasi dalla lontananza temporale e oggi impossibile da replicare. 
Invece per trattare un certo argomento bisogna prima impadronirsene con il fisico e con l'animo, amarlo, immedesimarcisi, altrimenti si resta all'esterno e si è come l'astemio che vuol parlare di vini o il vegetariano che insegna a gustare lo stracotto al vino rosso.

A Callisto pare che un piatto debba essere strettamente legato al posto, al territorio, come dicono alcuni snob. Per poterne comprendere lo spirito bisogna penetrare la vivanda, comprendere come e perché vengono usati quegli ingredienti, oppure perché ne vengono usati altri (per necessità o per gusto o per comodità o per tradizione). Insomma: avere, per l'oggetto delle nostre riflessioni, sentimento, pensiero, inclinazione, prudenza. Gli risuonano ancora nelle orecchie gli ammonimenti del suo vecchio maestro: Devi essere avveduto e prudente, esaminare con equilibrio l'intima ragione delle cose.

Insomma - si diceva - bisogna aver senno, saper discernere e giudicare.

Ma non un giudizio che faccia sorgere il senso dell'errore e la preoccupazione di avere sbagliato, quanto il suggerimento dell'esistenza di altre sfumature non colte: insomma l'altra faccia della medaglia.

Avanza alcune osservazioni.

Per prima cosa non ci può essere rigidità nella scelta degli ingredienti.

Si vuole il ragù classico? Allora ci vuole una precisa proporzione tra bovino e suino e un sufficiente tempo di cottura.

Si vuole un ragù veloce? Con gli stessi ingredienti nelle stesse proporzioni si può cuocere il tutto per un tempo inferiore ottenendo un piatto ancora gustoso, pur non all’altezza del precedente.

Ci sono avanzi di carni? Variamo pure ingredienti e proporzioni. Si otterrà non certo il ragù, ma sicuramente un sugo altrettanto valido per condire.

Caro Amico - conclude Callisto rivolto ad Alceo - non esiste una ricetta generale e teorica: questa è solo metafisica. Tutte le ricette debbono essere calate nella realtà fisica e la ricetta metafisica assume veste materiale. Ecco che la metafisica diventa solo un'aspirazione dell'uomo, un puro ideale, una pura forma,... una meta, e non un qualcosa di concreto. Sono gli ingredienti e la mano del cuoco a "fare" un piatto applicando quella ricetta.

Il cibo di un popolo dipende dal modo di vivere del popolo, dalle risorse disponibili e anche dagli usi e dalle costumanze.

Così l'uso di condire con grasso animale (nel ragù il grasso di maiale) può semplicemente derivare dall'abbondanza di tale ingrediente in quel territorio. Altrove, dove il clima è più mite, si utilizzerà olio e in altri paesi, dediti all'allevamento di animali, burro oppure, se dediti alla pesca, olio di pesce.

Così non può essere categorico l'uso della pancetta. In territori limitrofi si preferisce l'olio di oliva dal sapore più delicato. E per sottolinearne la delicatezza non è appunto opportuno ridurre la quantità del maiale?

Callisto descrive la "sua" ricetta del ragù, quella che preferisce per condire le tagliatelle.

Una parte di carne macinata bovina e mezza di suino (e non pancetta) e poi sedano, cipolla e carota. Infine abbondante pomodoro passato, olio e sale quanto basta. E' più semplice dell'altra, ma "meno pasticciata" e alla lunga più delicata.

(continua)




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