martedì 1 settembre 2015

Arrivo e partenza 7


(continua dal post precedente)

Nel Gabinetto di Riflessione si compie il viaggio di Ulisse, primo passo per affiliarsi ad una Loggia.
La salda rete della razionalità logica ha avuto un allentamento permettendo di dare uno sguardo "oltre".
Ulisse si rende conto conto che quella strana esperienza è l'inizio di un percorso interiore che sarà difficile interrompere.
Ma questa è la Massoneria...


Il Sogno sognato


Improvvisamente si fece sentire Ulisse-2: “Tu non sei come credi di essere, ma sei come sei”.

Lapidario come sempre, il buon Ulisse-2. E non ne sbagliava mai una.

Immerso nel silenzio Ulisse comprese finalmente di essere diverso da come credeva di essere, e quello che credeva di essere era forse la maschera che copriva il suo vero essere. Capì che il lavoro da compiere per frantumare la maschera del “credere di essere” sarebbe stato lungo e doloroso.

Gli pareva quasi di trovarsi all’interno di un sogno, come se sognasse di sé che stava sognando. Ma... sognare cosa? 

Ma è semplice: sognare la propria via e soprattutto l’impegno di camminare.

Insomma, con una parola: sognarsi.

Ma allora non era un sogno? O sì?

Sì, era un sogno, ma non un sogno normale, quelli che ti vengono mentre dormi. Lui non dormiva affatto. Stava lì, seduto, concentrato su ciò che gli stava capitando; era un sogno strano, una specie di sogno – non sogno.

Sembrava quasi un colloquio con se stesso, quelli che intavolava con Ulisse-2.

Una parte del sogno era sicuramente basato sui propositi e si apriva verso il futuro. Ma un’altra parte era rivolta verso il passato, sebbene con una caratteristica molto spiccata che cozzava contro la logica del mondo quotidiano. La mente, nel sogno, andava indietro. Ma i ricordi che emergevano non erano ordinati secondo la cronologia degli eventi, bensì con altre chiavi interpretative, come se il trascorrere temporale ricordato fosse ben più significativo di una semplice cronologia: tutti (se fossero interessati) possono sapere della cronologia dei suoi avvenimenti; solo lui però può giungere al suo trascorso temporale. E certi eventi che sapeva essere accaduti dopo altri, ora venivano messi prima come se si fosse guardato più all’importanza fattuale che ad altro. E così percepì, come dal fondo di un pozzo, alcune “cose” confuse, perdute nella nebbia di un suo lontano passato, ma che erano state importanti per la sua formazione.

Si sarebbe potuto dire che Ulisse perdeva il filo di se stesso? Niente di più sbagliato: nella confusione di quel simbolico pentolone della sua vita, che aveva cominciato a rimescolare, dapprima di malavoglia, poi sempre più con partecipazione appassionata, aveva perso il filo convenzionale di sé, ma cominciava a sorgere in lui una maniera nuova di comprendere e quindi di afferrare quello che non era mai riuscito finora a cogliere: il suo filo, quello che è significativo al massimo, ma che sfugge agli schemi logici e temporali.

Si sentiva come il chirurgo alla ricerca di un organo che non è dove dovrebbe essere. Nella ricerca venivano messe a nudo, in un grande pot-pourri tra organi fisici e facoltà mentali, le radici dell’orgoglio, delle sue convinzioni e pregiudizi, dei suoi valori. Gli pareva quasi che tutto diventasse fluido e rimodellabile e che lui stesso fosse il nuovo modellatore che modellava se stesso.

Lo farò – si disse Ulisse. E gli pareva di ritrovarsi bambino davanti al padre a promettere di essere buono. Ma questa volta era l’impegno di un adulto, impegno preso in tutta consapevolezza, anche quella di capire che si trattava di un lavoro che non avrebbe mai avuto fine.

Partenza


Silenziosamente la porta si riaprì e ricomparve l’uomo mascherato.

Questa volta parlò con voce normale, più da compagno e guida che da giudice: “Ora sarete sottoposto ad alcune prove. Ci aspettiamo da voi coraggio e fiducia, condizioni essenziali per essere ammesso tra noi. Lasciate che vi prepari”.

Ulisse seguì la sua guida, uscendo da quello stanzino non più inquietante. Il buio era ancora profondo, ma sapeva di avere un compagno di strada.

Camminare in compagnia è più rassicurante che essere soli. La mente gli fece uno strano scherzo: Compagnia,... Compagno... Chissà da dove derivano queste parole. Ma non poté pensarci più di tanto. L’uomo mascherato lo fermò e gli strinse una benda sugli occhi. Nella sua mente ora turbinavano pensieri confusi. Chiaro su tutti il proposito di ritornare in quello che aveva supposto una prigione, ma si era poi rivelato un vero e proprio laboratorio.

(fine)


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