giovedì 13 agosto 2015

Buio 3

Continua la lettura della Novella di Asimov. Non dimentichiamo che la chiave del racconto sta nella frase di Emerson  citata nel post La notte delle stelle cadenti:


Se le stesse apparissero una sola notte ogni mille anni, come gli uomini potrebbero credere e adorare, e serbare per molte generazioni la rimembranza della città di Dio?
Ralph Waldo Emerson


Il pianeta lontano 2

Gli abitanti del pianeta sono strani. Per certi versi ci assomigliano molto, per altri sono fondamentalmente dissimili.
La genesi del racconto è chiara: la civiltà di un lontano pianeta è giunta a un livello pari al nostro o almeno a quello della metà del XX secolo1. Questa civiltà presenta però alcune lacune (lacune – ovviamente – dal nostro punto di vista; dal loro, infatti, sarebbe la nostra civiltà ad avere imboccato strade inutili o senza prospettive). Il descrivere un popolo lontanissimo per mostrare i difetti del nostro popolo è un espediente letterario molto usato nella storia; mi viene in mente un esempio per tutti: I viaggi di Gulliver descrivono fantastici popoli apparentemente diversissimi, ma in sostanza simili agli inglesi del XVII-XVIII secolo, tranne che in pochi aspetti (quelli appunto che si volevano criticare) permettendo di costruire una satira efficace.
Rispetto alla nostra, la civiltà del lontano pianeta manca di una tecnica di illuminazione degli ambienti bui (cioè stanze senza finestre oppure caverne sotterranee). Infatti in quello strano pianeta la gente ha sviluppato una forte e patologica avversione per gli ambienti non illuminati. Una irresistibile fobia del buio, che l’autore chiama claustrofobia, ma che più correttamente si dovrebbe chiamare acluofobia o nictofobia: la claustrofobia è il timore di spazi chiusi, mentre qui si parla di terrore del buio, sia l’oscurità di spazi chiusi, sia il buio esterno del cielo, quello che noi uomini del pianeta terra consideriamo meraviglioso perché probabilmente inciso nel nostro patrimonio genetico con l’immagine stupenda del cielo stellato: prova ne sia lo stupore che sempre ci prende quando lo osserviamo. Quella gente invece non aveva e non aveva mai avuto non dico la necessità ma neppure stimoli o curiosità per avventurarsi in tali ambienti, anzi li rifuggiva e ne stava alla larga.
Lasciamo per un attimo la parola all’autore, perché credo riesca efficacemente a descrivere la situazione. Dunque un paio di anni prima degli avvenimenti descritti fu organizzata una specie di mostra della scienza... Uno psicologo sta parlando ad un giornalista.
...Avrà sentito parlare del “Tunnel del Mistero”... Era lungo poco più di un chilometro: senza luci. Si saliva su un’automobilina scoperta e, per un quarto d’ora, si filava attraverso l’Oscurità. Un passatempo che piacque molto... C’è del fascino nell’essere spaventati, quando questo fa parte del gioco. Il bambino nasce con tre paure istintive: dei rumori forti, del cadere e dell’assenza di luce. Per questo è considerato tanto divertente, precipitarsi incontro a qualcuno, gridando «Buuu!». Ed ecco perché è così divertente salire su un ottovolante... E, sempre per questo, il “Tunnel del Mistero” da principio fece faville. La gente usciva dall’Oscurità senza fiato, tremante, mezza morta di paura, ma continuava a pagare per riprovare la stessa emozione.
- ...Qualcuno uscì di là privo di vita, vero? Per lo meno, così ho sentito dire, in seguito alla chiusura del tunnel.
- ...Le famiglie vennero indennizzate... In fin dei conti, dicevano gli organizzatori, se una persona debole di cuore vuole entrare nel tunnel lo fa a suo rischio e pericolo. E poi, vennero prese delle misure. Misero un medico di guardia, nella biglietteria, e chi voleva salire su una di quelle automobiline doveva prima sottoporsi a una visita di controllo. Questo fece salire materialmente alle stelle la vendita dei biglietti.
Ma c’era dell’altro. A volte la gente usciva di là in condizioni perfette, salvo che rifiutava di entrare nei luoghi chiusi: in qualsiasi luogo chiuso, compresi i palazzi, le ville, gli appartamenti, le capanne, le cabine e perfino le tende.
- Insomma, rifiutavano di stare al chiuso? E dove dormivano?
- All’aperto.
- Be’, ma... avrebbero dovuto costringerli a rientrare.
- Oh, lo fecero, lo fecero. Ragion per cui, quelle persone venivano prese da violente crisi isteriche e facevano del loro meglio per fracassarsi il cranio contro la parete più vicina. Una volta portati al chiuso, era impossibile tenerceli senza ricorrere all’uso della camicia di forza o di una massiccia dose di tranquillanti.
- Ma allora erano pazzi!
- Pazzi, sì, esattamente. Su dieci persone che entravano in quel tunnel, almeno una si riduceva in quello stato. Chiamarono in aiuto gli psicologi, e noialtri facemmo la sola cosa possibile: quella di chiudere la mostra.
Qui sta il tallone d’Achille di questa strana civiltà (strana per noi, perché magari per loro siamo noi gli strani). Gli uomini non sono in grado di sopportare il buio e non lo sopportano. Lo fuggono e se proprio non possono evitarlo, allora beh c’è il concreto rischio di danni irreparabili al loro equilibrio mentale. Insomma in quel pianeta non avrebbe potuto esistere un Kant che partì nella sua filosofia proprio dalle suggestioni del cielo stellato!
Ma si profila un grave pericolo. Già gli archeologi avevano individuato tracce di sconvolgimenti ciclici: pareva che periodicamente ogni duemila anni una catastrofe avesse distrutto la coeva civiltà pur fiorente.
Molte furono le supposte cause delle catastrofi, ma solo la recente scoperta della legge di gravitazione universale aveva fatto comprendere il motivo del sopraggiungere del buio: una luna, invisibile nella luce del continuo giorno, occulta ogni duemilaquarantanove anni, con cinque soli sotto l’orizzonte, l’unico sole in cielo provocando un’eclisse totale, spettacolo per noi stupendo ma per quei lontani nostri simili (parenti?) deleterio come il giudizio universale.
Infatti la scomparsa in cielo della luce e la mezza giornata di oscurità che segue e che per le orbite astronomiche di soli e pianeta coinvolge tutto il pianeta, fa impazzire gli uomini che in preda ad un incontrollabile panico cercano a tutti i costi un po’ di luce. Come può trovare un’orda impazzita la luce? Semplicemente bruciando tutto ciò che di combustibile incontra. Ed ecco spiegata la distruzione totale di tutto e la fine della civiltà. Immagino infatti il Day After come una specie di post-olocausto, dove gli uomini sono ancora in gran parte vivi ma senza il minimo barlume dentro: dead walking men (se si potesse ironizzare su una locuzione agghiacciante) in grado solo di distruggere senza senso altri uomini e cose.
Il racconto si svolge all’interno di un osservatorio astronomico e ne tralasciamo i dettagli. Gli astronomi si preparano ad affrontare l’eclissi totale dell’unico sole rimasto in cielo registrando fino all’ultimo dati che possano essere utili alla civiltà successiva.
Veniamo a sapere che in quei tempi si è molto sviluppata una setta religiosa (il cultismo) con la quale alcuni scienziati hanno iniziato una forma di collaborazione (nel senso di trasmissione di informazioni).
Sono state date spiegazioni di queste catastrofi ricorrenti, tutte di natura più o meno fantastica. Alcune parlano di periodiche piogge di fuoco; altre sostengono che, ogni dato periodo, Lagash2 passi attraverso un sole; e ce ne sono di ancora più sballate. Ma c’è una teoria, completamente diversa dalle altre, che si tramanda da alcuni secoli.
- Lo so. Lei allude al mito delle “Stelle” che i cultisti hanno nel loro Libro delle Rivelazioni.
- Precisamente... I cultisti dicevano che ogni duemilacinquant’anni Lagash entrava in un’immensa caverna, così che tutti i soli scomparivano, e che su tutto il mondo calava l’oscurità totale! Poi, a sentir loro, apparivano cose chiamate Stelle, che derubavano gli uomini della loro anima e li lasciavano simili a bruti privi di raziocinio, al punto da distruggere la civiltà che essi stessi avevano costruito. Naturalmente, tutto questo si mescola con una quantità di elementi mistico-religiosi, ma l’idea centrale è quella.
Il Libro delle Rivelazioni parla di fantomatiche Stelle delle quali nessuno sa nulla.
Gli uni credono che le stelle facciano impazzire tutti gli uomini, ma i cultisti vedono l’ “impazzimento” come ciò che resta dell’uomo dopo la partenza delle anime richiamate dalle stelle alla loro dimora naturale: corpi appunto senz’anima, senza i loro proprietari entrati ormai nell’eternità, preda solo della materia e degli istinti materiali.

NOTE 

1  Epoca della scrittura del racconto.
2  Questo è il nome del pianeta.
(continua)

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