domenica 30 agosto 2015

Arrivo e partenza 5

(continua dal post precedente)

Siamo con Ulisse, un profano che ha chiesto di affiliarsi ad una Loggia.
Nelle Massonerie latine ogni candidato alla Libera Muratoria deve compiere quattro viaggi, il primo dei quali nel Gabinetto di Riflessione.
Qui è Ulisse che si è reso conto che quello che aveva considerato una pagliacciata poco seria in realtà è diventato un percorso interiore anche difficile che dovrà proseguire anche dopo l'iniziazione.

 

Gerusalemme e Babilonia

Gli venne alla mente una poesia studiata a scuola: E come potevamo noi cantare?... Alle fronde dei salici per voto anche le nostre cetre erano appese.

Infatti stava vivendo un’esperienza che ti prendeva tutto e non ti lasciava spazio per altro. Ti obbligava – l’aveva cantato il salmista – ad appendere le cetre ai salici delle sponde dei fiumi di Babilonia perché non potevi usare quegli strumenti di canto. Dovevi invece concentrarti sul tuo punto di appoggio, sul tuo centro di gravità al quale ti dovevi attaccare, pena il risucchio nel vortice distruttivo del disastro.

Se ti dimentico, Gerusalemme, si paralizzi la mia destra; resti la mia lingua attaccata al palato, se io non mi ricordo di te, se non metto Gerusalemme al di sopra di ogni mia gioia cantarono gli avi. Non dimenticare il tuo punto d’appoggio, il tuo fulcro mediante il quale puoi tutto. Datemi un punto d’appoggio e solleverò il mondo, aveva proclamato l’antico scienziato... E aveva ragione!

Seduto sulla sedia nera a quel tavolino nero in quella stanzetta nera Ulisse aveva chiuso gli occhi mentre un grande fervore sobbolliva dentro di lui.

Aveva gli occhi chiusi e vedeva una grande cascata di acque nere che parevano precipitargli addosso. Ebbe la volontà e la capacità di scansarsi e non fu investito da quel grande getto ma solo da alcuni schizzi.

Subito udì la voce di Ulisse-2. “Bravo!. Ce l’hai fatta. Non ti sei lasciato investire. Cominci a capire. Ma hai ancora del veleno in te. Deve uscir fuori”.

“Come?”.

“Non te lo può dire nessuno, purtroppo. E’ una strada tutta tua”.

Dopo una pausa Ulisse-2 riprese. “Pensa ancora Gerusalemme”.

Ulisse rispose.

“Strano che mi venga in mente proprio questo salmo. Non mi sono mai sentito appassionato o attaccato a questi testi. Però qualcuno mi è rimasto impresso. Per esempio il salmo 133: Oh quanto è buono e piacevole che i fratelli vivano insieme. Un altro quello delle fronde dei salici, che tutti noi abbiamo incontrato nella poesia di Quasimodo. Ma quel salmo, al di là dei ricordi scolastici, è molto più profondo; talmente profondo che ti stimola, qualunque sia il tipo di lettura che ne fai.

E così la Gerusalemme può essere il luogo della futura terra del Messia, oppure una specie di Paradiso in terra, oppure più semplicemente la patria lontana conquistata da altri o ancora il luogo dove vivrai dopo la tempesta. Ecco perché me la ricordo. Ecco perché la sento cara.

C’è uno struggente senso dell’esilio, che non è detto sia solo la lontananza dalla patria: può essere la lontananza da uno stato migliore, che magari senza accorgermene ho abbandonato.

Babilonia deve essere distrutta e i suoi figli eliminati: Beato chi afferrerà i tuoi bambini e li sbatterà contro la roccia! Versetto estremamente feroce, che non significa eliminare fisicamente dei bambini sfracellandoli contro le rocce, bensì eliminare definitivamente le conseguenze (cioè la prole, i bambini) dell’allontanamento dallo stato precedente di equilibrio (quello che il religioso chiama grazia)”.

Ulisse si fermò, come in attesa. Ma Ulisse-2 tacque, come faceva sempre quando non c’era bisogno di obiettare nulla.

Ad Ulisse venne in mente un antico canto ebreo che una volta aveva letto:

Che cosa faremo quando il Messia verrà?
Faremo festa quando il Messia verrà.

“Sono parole che esulano da una religione particolare per assurgere a quella religione universale cui tutti possono rifarsi” si disse Ulisse. “Non è quindi un atto di devozione ebraico, bensì una fede e fiducia in un destino migliore per tutti quelli che hanno fede e fiducia”.

E Ulisse-2 continuava a tacere.

Improvvisamente Ulisse, spinto da un impulso misterioso, prese in mano quel foglio di carta, sì, quello del cosiddetto Testamento, e si mise a scrivere con una furia spropositata, mentre Ulisse-2 continuava a tacere.

(continua)

Nessun commento: