mercoledì 7 ottobre 2009

6.1.4 Dubbio ed errore - …o no?

«Dunque, sei qui, Asa Hesel.»
«Sì, nonno.»
«Vedo, vedo. Sei cresciuto. Mi sembri cresciuto.»
«Può darsi, nonno.»
«Ho saputo tutto. Ti sei sposato. Arrivò una lettera. Bene, mazal tov. Non ti ho neanche mandato un regalo di nozze.»
«Non fa nulla, nonno.»
«Ti sei almeno sposato secondo le leggi di Mosè e Israele?»
«Sì, nonno. Lei viene da una famiglia religiosa.»
«E ritieni che questo sia un pregio?»perché
«Certamente, nonno.»
«Com’è mai possibile? Dunque l’ultima scintilla di fede non si è ancora spenta in te.»
«Non nego l’esistenza di Dio.»
«E che cosa neghi, allora?»
«Le presunzioni dell’uomo.»
[Isaaac B. Singer, La famiglia Moskat, Milano, 2004, p. 282].

Chi vuole questa nostra "merce"? Chi è disposto a barattare la certezza della felicità eterna offerta dalla/e religione/i con il dubbio continuo e quotidiano del nostro vivere qui, non di là, con il dubbio unico antidoto agli integralismi e agli assolutismi, con il dubbio che resiste di fronte ad affermazioni che verità non sono e impedisce si attribuisca universalità alle intuizioni del singolo? E soprattutto con il dubbio che mostra in una luce diversa la nozione stessa di errore.
[Interessante, come descrizione letteraria dell’atteggiamento mentale dell’integralista, questo passo di Umberto Eco dal dialogo tra frate Jorge da Burgos e il protagonista frate Guglielmo da Baskerville:
“L’animo è sereno solo quando contempla la verità e si diletta del bene compiuto, e della verità e del bene non si ride. Ecco perché Cristo non rideva. Il riso è fomite di dubbio.”
“Ma talora è giusto dubitare.”
“Non ne vedo la ragione. Quando si dubita è necessario rivolgersi a un’autorità, alle parole di un padre o di un dottore, e cessa ogni ragione di dubbio…”
[Umberto Eco, Il nome della rosa, Milano, 1980, p. 139].
Io invece ho dubbi, ma non sono scettico, perché il dubbio, al di là dell’essere contraddittorio, è invece affermazione dei miei limiti, è sospensione del consenso (che verrà o non verrà) a qualche verità per cercarne il fondamento (intuitivo, logico, psicologico,…). E’ soprattutto rifiuto dell’ordine del capo al seguace: Seguimi, ché io ti porterò alla verità! E’ rifiuto del gregge e della guida del pastore che lo porta al pascolo].

Chi segue un’idea forte, talmente forte da assolutizzarla a verità universale (il dogmatico religioso e il dogmatico ideologo e il dogmatico scienziato e il dogmatico tout court) considera ogni deviazione dalla propria idea sbaglio ed errore. Fino a non molto tempo fa l’errante veniva considerato alla stregua di una parte malata del corpo sociale e come tale chirurgicamente separato (leggi: eliminato dal consesso fisico degli uomini o dal consesso di quegli scienziati, ecc.). Se oggi, almeno nella nostra società, conseguenze così drastiche sul piano fisico non ci sono più, l’atteggiamento mentale del dogmatico non è cambiato, pronto a commisurare una censura morale o psicologica, spesso con separazione nel mondo del lavoro o della scienza. Partendo dal presupposto che posizione moralmente accettabile sia quella del credente (o di chi è coerente con la “verità” ufficiale), vengono sminuite le idee di chi si pone dubbi, di chi accetta anche il rischio di sbagliare, ma come conseguenza di proprie scelte. Scegliere significa libertà e sostenere che la possibilità di sbagliare porti allo scetticismo mostra la debolezza del dogmatico e la forza del camminatore.

Infatti “non sbagliare” per il dogmatico significa seguire, più o meno pedissequamente, le idee accettate. Il camminatore che segue idee altrui invece non solo non è al riparo da eventuali sbagli (non saremmo uomini), ma corre il rischio di sbagliare non per proprie scelte, ma per scelte altrui, e quindi sbagliare doppiamente.

In ogni caso non scegliere in prima persona significa non essere liberi. Scegliere – invece – significa essere liberi. scegliere consapevolmente significa essere in grado di esercitare la facoltà di libertà. Dunque: io posso, perché io so. Ma fondamentalmente so di non sapere, in modo che il mio sapere (quel po’ che so), lungi dall’assumere una veste universale, diventa solamente un piccolo sapere, propedeutico ad un sapere ancora piccolo, ma – forse – un po’ meno piccolo. Ecco il senso profondo del simbolo della lucciola (vedi post Il lavoro di Loggia).

La chiave di volta dell’antidoto all’assolutizzazione personale è il dubbio, fermento del lavoro del camminatore e vaccino alle tentazioni assolutistiche e integralistiche.

A livello discorsivo sottolineo l’importanza della piccola locuzione: o no?

Faccio un esempio.

In loggia il Libro della Legge Sacra è aperto – almeno oggi nel Grande Oriente d’Italia per unanime consuetudine e prescrizione normativa – all’incipit del vangelo di Giovanni.
E’ sicuramente una pagina molto profonda che – al di là della posizione predominante in un vangelo canonicamente accolto dal cristianesimo – assume un senso che travalica le singole religioni (è sufficiente confrontarlo con testi di altre religioni).

Nella mia vita muratoria ho assistito a numerosi tentativi di massoni in cerca di spiegazioni più o meno consone al contesto muratorio.

Ho quindi assistito a tentativi di interpretare il Logos del testo originario collegando vibrazione sonora a vibrazione luminosa, e l’inizio del vangelo di Giovanni al primo capitolo della Genesi. Ci sono stati e saranno anche in futuro tentativi sapienti che possono provocare spunti alle meditazioni e al lavoro interiore. Mi pare però che fino ad ora tutti i tentativi esegetici siano risultati “limitati” per così dire da un contesto essenzialmente cristiano ed entro il quadro cristiano sono restati.

Beninteso, non mi scandalizzo e posso accettare il contesto cristiano, ma solo dal punto di vista formale e come struttura linguistica, non come quadro ultimo di riferimento al di la del quale non poter andare.

Mi spiego. Il vangelo di Giovanni inizia così.
Nel principio era la Parola, la Parola era con Dio, e la Parola era Dio.
Essa era nel principio con Dio.
Ogni cosa è stata fatta per mezzo di lei; e senza di lei neppure una delle cose fatte è stata fatta.
In lei era la vita, e la vita era la luce degli uomini.
La luce splende nelle tenebre, e le tenebre non l'hanno sopraffatta.
[Giovanni 1:1-5]

Il camminatore legge.
Nel principio era la Parola, …o no?
…La Parola era con Dio, …o no?
…E la Parola era Dio, …o no?
Essa era nel principio con Dio, …o no?
Ogni cosa è stata fatta per mezzo di lei; …o no?
…e senza di lei neppure una delle cose fatte è stata fatta. …o no?
…In lei era la vita, …o no?
…e la vita era la luce degli uomini. ….o no?
…La luce splende nelle tenebre, …o no?
…e le tenebre non l'hanno sopraffatta. …o no?
Non accoglie affermazioni apodittiche, ma lavora sulle dichiarazioni (o testimonianze?) di altri cercando di considerarle stimoli al proprio lavoro, non verità assodate o assolute o punti di arrivo stabiliti.

Ecco la “parolina magica”: …o no?.

PS.
Lo spunto della riflessione nasce da una tavola, corta ma profonda, di qualche anno fa di un fratello di loggia.


DIFFERENZE

Si faccia attenzione alla differenza sostanziale tra i termini dubbio ed errore.

Errore è deviazione dalla via, deviazione riconosciuta da qualcuno o qualcosa (gruppo, organismo, istituto) ed esplicitamente condannata e proibita.

Dubbio invece è riconsiderazione continua delle proprie scelte come riconferma più approfondita e contemporaneamente accettazione della validità di altre scelte – a suo tempo scartate. Non si tratta del Forse io ho torto e tu ragione (posizione certo stimabile e troppo poco praticata, ma… poco iniziatica). Il dubbio è a mio parere il dubbio metafisico, quello che ti coglie sulla via che tu e solo tu hai scelto di percorrere. Non esclude altri tipi di dubbio, che anzi ne sono per così dire l'inizio necessario, ma li ingloba in un senso più ampio e completo. E' questa la strada? E' la strada giusta? Mi porterà da qualche parte? E' mai possibile che io possa affermare che la stragrande maggioranza degli altri massoni abbia torto e io solo (o quasi) abbia ragione? Capperi, che dubbi!… Dopo più di trent’anni di vita nelle Istituzioni (massoniche e no), dopo le "visite" a riti muratori e no, dopo le "entrate" e "uscite" in riti muratori e no, dopo avere trascorso la mia vita a cercare - e a trovare non soluzioni, ma altre ricerche -­­ chi sono io per tranciare giudizi del genere?


SE…

Kipling ci ha lasciato una poesia che sintetizza il senso dell’uomo. Ai più appare come insegnamento educativo e morale, ma non possiamo nasconderci la profonda valenza muratoria appresa nella lunga frequentazione di loggia. Ne riporto qualche passo:
…Se riesci a non perdere la testa, quando tutti intorno la perdono, e se la prendono con te…
Se sai attendere, e non ti stanchi di attendere…
Se sai sognare - ma dai sogni non ti fai dominare…
Se sai trattare nello stesso modo i due impostori - Trionfo e Disastro - quando ti capitano innanzi…
Se sai piegarti a ricostruire, con gli utensili ormai tutti consumati, le cose a cui hai dato la vita, ormai infrante…
E se perdi, sai ricominciare senza dire una parola di sconfitta…
…Allora sarai un uomo, o figlio!
Chi oggi è disposto a trovarsi nella situazione di dovere ricominciare dopo che gli è stato distrutto tutto? Specie quando trovi ad ogni angolo chi ti prende, ti solleva dalle tue fatiche e costruisce al tuo posto? chi ti allevia dalla difficoltà di pensare e addirittura porge un senso alla tua sofferenza?

La Massoneria non potrà mai essere di molti, proprio per la sua natura. E più vorrà essere Massoneria meno sarà numerosa...

Ciò non toglie che il massone (non la massoneria) può (e deve) operare nella società. Ma come cittadino che è anche massone e che si è formato con un certo metodo.

Il resto non serve. Ricordo che proprio quando in una famigerata intervista al Corriere della Sera l'allora Gran Maestro Salvini affermò che diverse centinaia di parlamentari erano massoni iniziarono prima le proteste del mondo politico (leggi le segreterie dei partiti) e poi le quasi persecuzioni culminate nella pubblicazione dell'elenco dei Maestri Venerabili del Goi sull'Espresso.

Dobbiamo gettarci nel sociale? Non pretendiamo che l’organismo massoneria faccia concorrenza o si inserisca nel mondo del volontariato, altrimenti in quale modo potremmo distinguerci? Se la funzione della Massoneria viene ridotta ad opere sociali, che bisogno allora c'è della Massoneria? Non bastano la Caritas o le Acli o i vari enti di derivazione religiosa e laica? O Medici senza Frontiere?

Se la funzione della Massoneria viene ristretta alla promozione di princìpi sociali (tolleranza, pena di morte, laicità dello stato, diritti, ambiente) non bastano i vari Amnesty, Green Peace, associazioni consumatori, circoli culturali?

Non dobbiamo ridurre la nostra ragion d'essere. Nel Tempio si costruisce l'uomo, cioè noi stessi. Poi ognuno si comporterà nella società secondo la propria coscienza. Non in concorrenza con altri, ma in conseguenza di ciò che ha costruito dentro di sé. E allora non ci potranno essere deviazioni o vie sostituite.

Inoltre, direi quasi per definizione, il mondo profano è il mondo dei contrasti e del binario; è il mondo cioè dove le contraddizioni vengono vissute e “superate” solo nel senso di farne prevalere una a discapito dell’altra. E’ ben difficile che chi si è abituato a considerare l’altro non come contrapposizione inconciliabile, ma come suo possibile completamento possa facilmente ritornare a comportamenti ormai abbandonati.

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