In quella Tornata il mio contributo fu di silenzio attivo e partecipativo. Al termine il Maestro Venerabile mi disse che si era aspettato un mio intervento e il mio silenzio lo aveva stupito. Lì per lì non risposi. Gli scrissi il giorno dopo.
Ti debbo una risposta per ieri sera.
All'uscita infatti hai osservato che ti
attendevi un mio intervento invece del mio silenzio.
Ho farfugliato qualcosa, sostenendo che
l'intervento di S. aveva in un certo modo concluso il lavoro (ed
era vero) per cui qualunque altro intervento sarebbe stato fuor di
luogo. Ed è ciò che hanno sentito anche i Fratelli, che hanno
taciuto e tu, avendo colto l'atmosfera, opportunamente, dopo qualche
tempo di silenzio, hai chiuso i lavori senza fastidiosi solleciti ad
ulteriori interventi.
La tavola di A. mi ha colpito nel
profondo. E non solo perché ti mette di fronte al tuo destino. Io
per la mia storia personale e professionale (non sono un medico) mi
potrei (o potrò) trovare solo dalla parte di colui al quale il
messaggio è diretto, non del medico che indirizza il messaggio. Caro
amico - mi si dirà o si potrebbe dire - hai un problemino di salute
che certo ti cambierà la vita: o la farà finire presto o cambierai
punto di vista (eh, eh, la famosa scala curva del Compagno che nella
salita ti fa cambiare i tuoi riferimenti - ma vai a dire al prossimo
che verrà passato Compagno che vivrà solo per un numero di mesi
uguale al numero degli scalini della scala curva: lui sì che
cambierà riferimenti e parametri!).
Mi è venuto durante la tornata un
profondo senso di non so che cosa, e solo al mattino dopo ho
cominciato a intravedere qualcosa (a dimostrazione che i lavori
muratori non si concludono nei limitati ambiti di una tornata di
Loggia).
Intanto mi è venuto alla mente una
tavola che fu tracciata nella Loggia X più di vent'anni fa dal fr.
P., un medico, poi assonnatosi, che fondò una
Associazione per l'aiuto dei malati di tumori liquidi o solidi (oggi
non ricordo) che venivano dimessi dagli ospedali per due motivi: il
primo, importante per i dirigenti medici, di non alzare le
statistiche di mortalità dei reparti e l'altro (spero pure questo
voluto, ma non ne sono certo) di permettere ad un sofferente di
morire nella propria casa e nel proprio letto così da essere nei
suoi ultimi giorni uno di famiglia e non un nome in un elenco.
P. parlava di eubiosia, un termine coniato
dal greco eu=bene e bios=vita, cioè la buona vita, e l'attività
dell'associazione doveva essere finalizzata non alla cessazione della
sofferenza (che non può che coincidere con la morte), ma alla sua
attenuazione e al sostegno del sofferente.
Ricordo ancora che dopo la tavola e
l'intervento di altri Fratelli, in gran parte medici, si alzò il 2°
Sorvegliante, che con grande serenità iniziò "grosso modo"
così: Abbiamo ascoltato le parole di medici, ora vi voglio far
ascoltare le parole di chi sta dall'altra parte, cioè di un malato
(detto in quel modo e con quel tono, il significato di ciò che ora
chiamiamo malato quasi terminale era evidente - e infatti non molto
dopo passò all'Oriente Eterno).
Ebbene, allora mi "gelò" e
mi colpì in profondità; il ricordo è emerso nella notte dopo la
tornata durante un sonno poco tranquillo. Lo stato d'animo è stato
sicuramente intensificato dal ricordo personale di un percorso
analogo a quello dei pazienti di A., che attraversò mia madre e
che terminò poco più di due anni fa con la sua morte.
Al mattino mi svegliai con i nitidi
ricordi della tornata della X e l'impressione fu talmente
profonda e duratura nella giornata che la notte successiva,
probabilmente per intervento del mio ego, feci un profondo sogno
compensatorio.
Nella Tornata si sarebbe potuto
estendere il concetto della comunicazione ad altri ambiti (tra amici,
tra docente e discente) e, specialmente per il lavoro di Loggia, al
rapporto tra Maestro che insegna e l'altro che vuole imparare (con
una chiara e provocatoria domanda: Chi è il maestro?). Ma sarebbe
stato proprio un banalizzare (non dico altro!) il lavoro e
distruggere quanto nella Tornata si era costruito. Ho preferito il
silenzio, che in quel momento era un "mio" silenzio
interiore.
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