sabato 19 dicembre 2009

7.1.1 Spazio e tempo

Il Prologo (cosi detto nel rituale) di Re Salomone al Candidato appare assolvere la funzione di sradicare le certezze temporali dei Fratelli (non più profani o apprendisti inesperti, ma Maestri dell'Arco Reale, quindi massoni già provetti nell'Arte). Lo riporto per intero perché mi pare di grande importanza.
Compagni voi siete stati più volte informati che la Massoneria è una ricerca senza fine della Luce. Nei gradi dell'Ordine voi avete avuto la prima Luce, poi più Luce e successivamente più Luce ancora; ma la vostra ricerca non fu completa. Nei gradi del Capitolo dei Maestri dell'Arco Reale altra luce vi è stata impartita, e voi avete riscontrato, così come avviene durante la vita terrena, che ogni progresso nella conoscenza apre semplicemente gli occhi ad un campo di ricerca sempre più vasto. Ogni rivelazione, in Massoneria è anche Ri-Velata, cioè velata di nuovo. Ogni ricerca di nuove verità abbassa anche un velo su altre verità; il che determina uno stimolo a protrarsi verso successive ricerche. La Verità Ultima potrà essere scoperta soltanto quando avremo sollevato l'ultimo velo e ci troveremo alla presenza di Colui che è la Via, la Verità e la Vita.
Prendendo i vostri nuovi gradi, c'è una cosa che dovrete ricordare, e cioè che se nella vita l'ordine in cui gli eventi si susseguono è lo stesso ordine nel quale noi ne veniamo a conoscenza, nei successivi gradi della Massoneria, gli eventi, così come li impariamo, non sono rappresentati nell'ordine cronologico in cui essi realmente si svolgono...

Ricordiamo che le parole vengono indirizzate ad un massone che è già Maestro dell'Arco Reale, che ha quindi non solo ritrovato la Parola perduta (che la ritualità anglosassone insegna subentrare a quella del Terzo Grado, indicata come “sostitutiva”), ma che ha scoperto che quella Parola è proprio il Nome della divinità. Qui si vedono i limiti tutti di una visione, sia pure muratoria, ridotta all'ambito religioso, anche se di quella Religione nella quale tutti gli uomini convengono. Fuor di metafora, nemmeno l'Arco Reale è il punto di arrivo definitivo, ma è solo una tappa della via. E il Nome della divinità non è la Parola perduta finalmente ritrovata, ma è anch'essa un'altra Parola sostitutiva. Il massone che non l'aveva compreso trova qui chiaramente indicato non tanto la dichiarazione preliminare d'intenti di uno dei tanti gradi massonici, quanto la caratteristica fondamentale del sapere muratorio e in ultima istanza della vita dell'uomo: ogni conquista aumenta un poco la tua conoscenza, ma contemporaneamente sai anche di sapere di meno e quindi aumenta la tua ignoranza. Il massone appagato del grado che ha raggiunto (qualunque esso sia) è un massone limitato.

La ricerca ora è più intima e coinvolge intimamente l'essere del massone ricercatore, il camminatore. Il discorso pare riavvitare il cammino muratorio su se stesso, specificando ciò che era già stato incontrato: il viaggio nel Gabinetto di Riflessione implicava uno scardinamento dei parametri spazio-temporali; altrettanto la rinascita di Hiram. Il Maestro del Marchio non lavora in un cantiere (come ci aspetteremmo), bensì in un luogo geodetico che simboleggia un cantiere.

Che si chiede al Segretario Intimo, sesto grado della scala scozzese?
Da dove venite? Da ogni luogo.
Dove andate? In ogni luogo.
[Cfr. Catechismo del grado. Vedi anche in Ugo Poli, Massoneria iniziatica – La via Scozzese, Roma, 1981, p. 45]

Non è lo scardinamento dei parametri spaziali? Il camminatore non ha davanti a sé una strada tracciata da altri, ma deve trovare da solo la direzione sapendo che ciò che sa può aiutarlo, ma può anche fuorviarlo. Ora si è liberato dai facili fumi dell'entusiasmo, sa che il percorso non è facile ed ha la maturità di ripercorrere i propri passi e “ri-vedere” quanto ha già visto. Che significa il superamento del binario indicato dal muoversi sul pavimento bianco e nero del Tempio? Il camminatore non cammina né sul bianco né sul nero, ma sul bianco-nero: ha scardinato i propri parametri spaziali.

Re Salomone qui è più specifico: se vuoi proseguire devi scardinare anche i parametri temporali per “uscire” dal tempo profano: la cronologia che tu fissi nella tua mente può non essere (sicuramente non è) quella che dovrà essere; lo dovevi aver già fatto, ma ora te ne si dà l'opportunità. Nell'Ordine in ogni grado si stabilisce ora di inizio e fine dei lavori (mezzogiorno e mezzanotte), mente nei gradi del sistema Arco Reale non se ne fa cenno. Doveva già essere stato affrontato il parametro tempo? Ora ritorna il “tempo” dei lavori: il Maestro Eletto lavora dalle nove a mezzanotte. Si vuole ora ribadire che dovrà nuovamente essere affrontato?

Nella nostra mente il tempo presiede la formazione dell'uomo. Due degli atti fondamentali che hanno portato l'uomo ad essere uomo sono il contare e il parlare: entrambi si basano sul tempo (parlo: una parola dopo l'altra; conto: un numero dopo l'altro).
Se invece guardo, non vedo un oggetto dopo l'altro, ma li osservo contemporaneamente. Queste idee mi sono state suggerite da Simone che individua due modelli di intelligenza: al visivo, un'intelligenza simultanea, che coglie nello stesso momento una varietà di dati percettivi, senza che si possa dire quale di essi sta prima E quale sta dopo. Si tratta dunque di un''intelligenza non strutturata temporalmente, non organizzata in successioni. Al linguaggio, a causa della sua natura intrinsecamente lineare, cioè del fatto che dispone inevitabilmente i suoi elementi l'uno dopo l'altro (non si pronunciano due fonemi nello stesso momento, non si possono dire due parole nello stesso momento, ecc.), si può associare un'intelligenza di tipo sequenziale: la linearità del linguaggio (sia nella percezione che nella produzione) pilota la formazione della capacità di seguire, organizzare e governare successioni ordinate.
La mia personale opinione è che l'intelligenza simultanea sia più primitiva di quella sequenziale, che risalga a fasi evolutive precedenti, e che sia per così dire «controllata» dal nascere dell'intelligenza sequenziale
. (Raffaele Simone, Maistock, Il linguaggio spiegato da una bambina, Firenze, 1988, pp. 86-87).

Il libero muratore sa già che il linguaggio non è sufficiente alla completa comunicazione, e infatti ha già imparato ad utilizzare il linguaggio dei simboli fin dal Gabinetto di Riflessione. Ora deve perfezionarlo svincolandolo dai parametri temporali, passando - per riprendere la metafora di Raffaele Simone - dall'intelligenza sequenziale alla simultanea (e non si tratta di “ritorno” e “regressione” contro il verso della freccia evoluzionistica, ma “riappropriazione” di modalità che non sappiamo più di possedere).

Il nostro tempo occidentale è scandito dal Qoelet:
Per tutto c'è il suo tempo, c'è il suo momento per ogni cosa sotto il cielo:
un tempo per nascere e un tempo per morire, un tempo per piantare e un tempo per sradicare ciò che è piantato,
un tempo per uccidere e un tempo per guarire, un tempo per demolire e un tempo per costruire;
un tempo per piangere e un tempo per ridere, un tempo per far cordoglio e un tempo per ballare,
un tempo per gettar via pietre e un tempo per raccoglierle, un tempo per abbracciare e un tempo per astenersi dagli abbracci;
un tempo per cercare e un tempo per perdere, un tempo per conservare e un tempo per buttar via,
un tempo per strappare e un tempo per cucire, un tempo per tacere e un tempo per parlare;
un tempo per amare e un tempo per odiare, un tempo per la guerra e un tempo per la pace.

[Qoelet, 3 1-8]


L'uomo occidentale ha scandito il proprio tempo (tempo sacro, tempo profano) su queste parole che scaturiscono dal suo profondo.

Ma il Qoelet aggiunge (3 11, 15):
Dio ha fatto ogni cosa bella al suo tempo: egli ha perfino messo nei loro cuori il pensiero dell'eternità,...
Ciò che è, è già stato prima, e ciò che sarà è già stato, e Dio riconduce ciò ch'è passato...

L'antico autore ammonisce: attenzione, tutto non è come sembra.

Re Salomone esorta il recipiendario: attenzione, puoi andare ancora avanti, ma dovrai andare oltre le categorie spazio-temporali alle quali si affida l'uomo comune.

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