domenica 11 ottobre 2009

6.3.2.1 La Divinità

Si pone un problema delicato. La Parola ritrovata è il Nome di Dio, fissato nella rivelazione mosaica in Genesi 2:4 ed Esodo 3:14. Non è il nome del Dio cristiano, ma dell’ebraico YHVH (per altro ripreso dai cristiani che hanno comunque ignorato gli altri nomi presenti nella Bibbia, accettati solo come attributi e non come nomi diversi della stessa entità).

Sono convinto che per gli antichi massoni si trattasse proprio del dio cristiano (anche se sotto veste formalmente ebraica) piuttosto che del quid divino che è in ogni uomo e che veniva richiamato nel primo Dovere di Anderson. Nel 1778 il primo Gran Capitolo dell’Arco Reale puntualizza:
Il Nome... non deve essere concepito solo come una parola d'ordine, alla maniera di coloro che sono legati ai vari gradi della Libera Muratoria, ma anche teologicamente, come termine, al fine di dare l'idea del Grande Essere, unico autore della nostra esistenza.
[Antonio De Stefano, Origini della Massoneria dell'Arco Reale in Supremo Gran Capitolo d'Italia del Sacro Arco Reale di Gerusalemme, Atti del primo convegno, Chianciano Terme, 1986, pp. 11-12].

In questo modo la Religione nella quale tutti gli uomini convengono viene individuata nell'aspetto ebraico-cristiano, togliendo senza dubbio universalità all'Ordine muratorio che aveva reso gli adepti “neutrali” ai particolarismi delle singole religioni e tesi alla ecumenicità del religioso.

L’operazione diventerà ancora più esplicita con l’inserimento della cavalleria ( che significativamente viene innestata proprio sul sistema dell’Arco Reale.
[In ogni Rito – per quanto è a mia conoscenza - qualifica essenziale per un candidato all’esaltazione cavalleresca è l’appartenenza all’Arco Reale. Anche nel Rito Scozzese il grado dell’Arco Reale (XIII) è precedente ai più significativi gradi cavallereschi. Il Gran Priorato di Scozia, che gestisce Cavalleria Templare e di Malta, ammette solo massoni dell'Arco Reale ed è (o almeno era) così anche per la Cavalleria della Croce Rossa di Costantino].

Il massone speculativo però riesce a comprendere la necessità di andare oltre gli impacci di una interpretazione meramente religiosa che si scontra con l’universalità della massoneria ponendo differenziazioni che non le sono pertinenti, meditando sull’essere la Parola (prima perduta quindi ritrovata) non la cristiana chiave della resurrezione, ma il punto di partenza per comprendere l’armonia del sistema uomo, contemporaneamente costruttore e costruzione.

Mi hanno sempre colpito le parole di Carlo Gentile:
Al Maestro si presenta il problema di come essere libero da un possibile determinismo occulto, per potere esercitare la propria funzione iniziatica nell'atmosfera in cui egli è venuto a trovarsi. L'Arco Reale richiama proprio a tale responsabilità; se riflettiamo alla discesa nella caverna, al recupero di preziosi simboli, e addirittura al momento in cui il Maestro dell'Arco Reale diviene il tramite che fa ricongiungere alla Luce del Tempio il Delta d'oro con sopra inciso il Nome Ineffabile... Il filosofo (e Libero Muratore) Fichte, teorico della espansione cosmica del pensiero, ha sostenuto che esso è inarrestabile per propria natura... L'indirizzo etico dell'Arco Reale ha per evidente postulato la presenza del Pensiero calato nel Tempio e risalente dalle profondità incommensurabili sotto il triplicato simbolo della Squadra (la Legge, la Rettitudine, l'Armonia dei rapporti sociali, ecc.). La sublimazione dell'opera dell'Arco Reale corrisponde in sostanza alla continua richiesta di risposte alle problematiche del cammino, aspro e denso di nebbia del Mondo.
[Carlo Gentile, citato in Aldo Scarlata, Carlo Gentile e l'Arco Reale in Hiram, Roma, agosto 1987, p. 249].

La leggenda dell’Arco risulta così la conclusione del cammino che l'apprendista cominciò nel Gabinetto di Riflessione. Terzo grado e Arco sono quindi quasi aspetti non necessariamente consequenziali l'uno all'altro (sicuramente il Terzo Grado dà la pienezza della maestria) ma nemmeno distanziati. Il Terzo Grado lascia il camminatore davanti alle innumerevoli potenzialità del cammino, mentre l'Arco propone fra le tante un'alternativa, non esclusiva, di interpretazione della costruzione e del completamento. Certamente l'interpretazione del grado di Maestro rimane nel filone “religioso” (ho evidenziato il termine tra virgolette per indicare sì il carattere religioso, ma separato da una religione positiva o da atteggiamenti devozionali): il massone dell'Arco Reale scopre il Nome e la Legge di “Dio” (che poi tenda a considerare il Grande Architetto come il dio di una religione rivelata, questo è affar suo – oltre che, a mio parere, riduttivo e coerente con la debolezza di chi tenta il cammino).
[Spesso ho notato nel linguaggio di massoni esclamazioni del tipo “che il Grande Architetto ti assista”, “speriamo nel Grande Architetto”, che mostrano come il termine GADU sia quasi sinonimo di Dio (anzi del dio antropomorfo della tradizione cristiana), snaturando così quel delicato equilibrio sul quale si muove il lavoro muratorio].
Nei primi tre gradi il grande Architetto dell'Universo era una presenza-assenza: pur essendo invocato in apertura e chiusura dei lavori, pur vegliando simbolicamente dall'Oriente del Tempio sui Fratelli, non era al centro della meditazione massonica, occupata dal dramma umano.
Nell'Arco Reale i Massoni incontrano la Divinità, nel mistero del Suo Essere (il Nome) e nel suo significato mortale (la Torah). Ed è un Dio personale, come attestato dal Genesi, dove si afferma che Dio creò l'uomo a sua immagine e somiglianza, conferendogli cioè il principio di personalità, il più alto che ci è dato di conoscere nella realtà. Dio è Persona, anche se non è "una persona"
.
[Michele Moramarco, Nuova Enciclopedia Massonica, v. 1, p. 177].

Così Michele Moramarco; io aggiungo, a completamento, che se Dio creò l’uomo a sua immagine e somiglianza, anche l’uomo ha creato Dio a sua immagine e somiglianza (domanda provocatoria: è più importante che Dio esista o che l’uomo creda in Dio?) puntualizzando la non differenziazione tra Dio e uomo e riappropriandomi della Parola perduta (il Nome è così anche il Nome dell'uomo, pronunciato nella coscienza dell'uomo, che partecipa all’universalità unitamente alla coscienza di tutti gli uomini - Se la Torah insegna che il Libro sacro non è altro che l'elenco dei nomi di Dio, per parte mia cerco di trovare se non l'elenco almeno qualche nome dell'Uomo.


RITO SCOZZESE A. A.

Un'altra versione della leggenda dell'Arco (XIII grado del Rito Scozzese: Cavaliere dell'Arco Reale – non praticato, ma incontrato nel mio percorso di tanti anni fa) si riferisce invece al Libro di Enoch. Il profeta Enoch aveva nascosto prima del diluvio, sotto uno dei nove archi di un tempio sotterraneo, un Delta d'agata e due Colonne. Sul Delta era inciso il Nome Ineffabile dell'Essere Supremo; sulla Colonna di bronzo i princìpi della Conoscenza primordiale umana e sulla Colonna di marmo la chiave per la pronuncia del Nome Ineffabile. Salomone incaricò tre Grandi Maestri Architetti (Maestro Architetto è il XII grado scozzese) della ricerca ed essi trovarono solo il Delta e la Colonna di bronzo, quella di marmo essendo stata corrosa dalle acque.

Cambia il contesto espositivo, ma resta la sostanza della scoperta del Nome e quindi del ritrovamento della Parola. Insomma: resta l’essenzialità del grado.

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