sabato 2 marzo 2019

L'Ombra

Nel rapporto con la nostra Ombra cerchiamo di mantenere ben salde le fondamenta della costruzione (per usare un linguaggio muratorio).

Proiettare al di fuori di sé la propria Ombra significa in genere sottolineare negli altri le qualità negative che non vogliamo vedere in noi e spesso quello che diciamo ad un altro in realtà lo dobbiamo dire a noi stessi.

Ma nell’Ombra non ci sono solo le negatività, c’è molto di più.

C’è la nostra Venere che il Compagno deve far propria nella sua ars costruendi, applicando i di lei canoni e non altri, perché solo quelli sono suoi e fan “bellal’opera.

Un tempo consideravo il grado di Compagno apollineo e chiaro nelle sue delineazioni, quasi linearmente solare nella sua costruttività operativa.

Ora invece immagino il Compagno come immerso in una specie di sturm un drang (=impeto e tempesta).

Le regole architettoniche e il progetto disegnato dal Maestro gli permettono di “lavorare” i materiali manipolandoli senza esserne travolto.

A volte mi vien quasi da pensare che il tempio del Compagno di Mestiere più che il tempio di Salomone sia quasi il tempio di Artemide e di Afrodite:

Artemide, la Febea dea della luna, la lungisaettante dea della verginità e della pudicizia, delle iniziazioni femminili, la selvatica dea della caccia e della natura;

Afrodite, la cipride dea della bellezza, l’Anadiomene nata dalla spuma del mare fecondata da Urano, la potente dea dell’amore che potentemente investe tutte le attività della natura per la propagazione della vita, e quindi la Urania dea dell’amore puro e ideale ma anche la Pandèmia dea degli amori sensuali e venali che spinse Elena a seguire Paride e ispirò Pasifae, Fedra e Medea.

NOTA. Pandèmia.
Pandémio (dal greco πανδήμιος ) significa “che appartiene a tutti, comune, pubblico”. Nel mondo classico, era epiteto di Eros e di Afrodite, in quanto divinità dell’amore sessuale. Invece pandemìa è rifacimento di epidemia (secondo l’agg. gr. πανδήμιος di tutto il popolo). Epidemia con tendenza a diffondersi ovunque, cioè a invadere rapidamente vastissimi territorî e continenti.

NOTA. Pasifae, Fedra e Medea.
Pasifae fu moglie del re di Creta Minosse. Innamoratasi follemente di un toro, si congiunse con l’animale nascosta dentro una vacca di legno e diede alla luce il Minotauro, essere dal corpo umano e testa taurina.
Fedra fu figlia di Minosse e sposa di Teseo. Respinta da Ippolito, figlio di Teseo, del quale si era follemente innamorata, lo accusò falsamente di violenza carnale. Alla morte di Ippolito, maledetto dal padre e ucciso da un mostro marino, si diede la morte.
Medea fu maga dotata di poteri quasi divini e assassina dei suoi figli per amore e gelosia.

Intendo il tempio di Artemide e Afrodite come il tempio cioè di chi deve affrontare se stesso e la propria oscurità.
 
Il Compagno non lavora nella cripta del Tempio, come succederà ad altri; ma qualcuno la cripta dovrà ben costruirla. Chi costruisce la cripta? Chi costruisce il Tempio lavora anche alla cripta.

Costruire la cripta significa entrare nella propria ombra e prendere contatto con quello che c’è.

Certo, c’è Venere, la celeste eterea Afrodite, amata da Ares, la Forza, e sposa di Efesto, brutto e sciancato, ma dalla forza possente, dio del fuoco sotterraneo e capace artigiano dalla perfezione inimitabile, creatore impareggiabile. Afrodite ed Efesto, i nostri Venere e Vulcano: è il caso di dire: che coppia!

Sarà proprio Efesto a sbugiardare la consorte Afrodite colta in flagrante adulterio con Ares, il dio della forza (muscolare?) di contro ad Efesto, dio della forza (costruttiva?). La grande Afrodite, o Venere come la chiamiamo noi latini, che è fissata nel nostro immaginario dalla magistrale rappresentazione botticelliana della sua nascita dalla schiuma del mare.

Efesto è anche Afrodite e Afrodite è anche Efesto. Anche e non solo.

La costruzione del Tempio comporta anche la costruzione della cripta. Anzi non c’è tempio senza cripta. Quindi Forza e Bellezza, che intervengono nella costruzione del tempio, intervengono pure nella costruzione della cripta.

La Bellezza ci permette di cogliere molti aspetti della nostra Ombra.

Intanto pensiamo al significato etimologico della parola.

Bellezza proviene dal latino benulus, poi bellus (non il classico bellum, i = guerra, ma bellus, a, um) che viene da un antiquato benus per bonus = bene. Il significato originale era confacente, comodo, e solo successivamente ben proporzionato e bello.

Bellezza ed estetica non hanno etimologicamente punti di contatto.

Estetica deriva dal greco aisteticos = sensibile, capace di sentire, percepire attraverso i sensi. Fu solo nel 1750 che Alexander Gottlieb Baumgarten la definì come scienza del Bello, delle arti liberali e gnoseologia inferiore, sorella della Logica. Qui si intende la bellezza dal punto di vista classico; insomma: sensazione e sentimento.

Ognuno di noi è inseguito da un’ombra e meno questa è integrata nella vita conscia dell’individuo, tanto più è nera e densa affermava Jung.

In psicologia sono molti i sensi dell’Ombra (i moti di rabbia, le attrazioni disdicevoli, ciò che non vogliamo mostrare agli altri), ma qui non mi interessa il discorso meramente psicologico. A mio parere i sensi dell’Ombra non sono tutti negativi. Sì lì ci sono i mostri che strisciano nel fondale del nostro mare magnum, ma ci sono gli aspetti che riteniamo non siano di nostra “competenza”.

Per esempio, assecondando un mal posto senso di convenienza sociale, l’uomo non doveva mostrarsi debole e la donna eccessivamente forte e mascolina, per cui tali aspetti venivano rimossi nell’ombra, assieme alle tendenze ignave degli attive, alle propensioni irresponsabili delle persone responsabili, e così via.

Insomma venivano nascoste nell’ombra gli opposti, che pure ci appartenevano, di quanto volevamo essere. E pure vi gettiamo le credenze irrazionali incompatibili con la nostra razionalità.

Dobbiamo superare una visione meramente medico-psicologica e giungere a una prospettiva più ampia e generale dove ci sia spazio per una simbolica umana che riguardi il nostro lavoro: nell’Ombra ci sono anche aspetti positivi, specialmente i contrari a certi difetti che prevalgono nella nostra personalità quotidiana.

Come fare per riappropriarci di ciò che considerammo scarti, ma che scarti non sono e che devono essere ripresi se vogliamo giungere ad una più sentita completezza?

Non c’è una ricetta valida per tutti; credo che il primo passo debba essere riuscire a comprendere come siamo effettivamente e non come vogliamo essere.

Ed è significativo che nel simbolismo muratorio il vero muratore non sia l’Apprendista, uno che è lì per imparare, ma il Compagno, quello che si chiama Compagno di Mestiere. E’ il Compagno che costruisce secondo il progetto del Maestro, l’unico in grado di disegnare sulla tavola da disegno.

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