Nel rapporto con la nostra Ombra cerchiamo di
mantenere ben salde le fondamenta della costruzione (per usare un
linguaggio muratorio).
Proiettare al di fuori di sé la propria Ombra
significa in genere sottolineare negli altri le qualità negative che
non vogliamo vedere in noi e spesso quello che diciamo ad un altro in
realtà lo dobbiamo dire a noi stessi.
Ma nell’Ombra non ci sono solo le negatività,
c’è molto di più.
C’è la nostra Venere che il Compagno deve
far propria nella sua ars costruendi,
applicando i di lei canoni e non altri, perché solo quelli sono suoi
e fan “bella”
l’opera.
Un tempo
consideravo il grado di Compagno apollineo e chiaro nelle sue
delineazioni, quasi
linearmente solare nella sua costruttività operativa.
Ora invece
immagino il Compagno come
immerso in una
specie di sturm un drang
(=impeto e tempesta).
Le
regole architettoniche e il progetto disegnato dal Maestro gli
permettono di “lavorare” i materiali manipolandoli
senza esserne travolto.
A volte mi vien quasi da pensare che il
tempio del Compagno di Mestiere più che il tempio di Salomone sia
quasi il
tempio di Artemide e di
Afrodite:
Artemide,
la Febea dea della luna, la
lungisaettante dea della verginità e della pudicizia, delle
iniziazioni femminili, la selvatica dea della
caccia e della natura;
Afrodite, la cipride dea della bellezza,
l’Anadiomene nata dalla spuma del mare fecondata da Urano, la
potente dea dell’amore che potentemente investe tutte le attività
della natura per la propagazione della vita, e quindi la Urania dea
dell’amore puro e ideale ma
anche la Pandèmia
dea degli
amori sensuali e venali che spinse Elena a seguire Paride e ispirò
Pasifae, Fedra e Medea.
NOTA. Pandèmia.
Pandémio
(dal greco πανδήμιος ) significa “che appartiene a
tutti, comune, pubblico”. Nel mondo classico, era epiteto di Eros
e di Afrodite, in quanto divinità dell’amore sessuale. Invece
pandemìa è rifacimento di epidemia (secondo l’agg.
gr. πανδήμιος di tutto il popolo).
Epidemia con tendenza a diffondersi ovunque, cioè a invadere
rapidamente vastissimi territorî e continenti.
NOTA. Pasifae, Fedra e Medea.
Pasifae fu moglie del re di Creta Minosse. Innamoratasi follemente di un toro, si congiunse con l’animale nascosta dentro una vacca di legno e diede alla luce il Minotauro, essere dal corpo umano e testa taurina.
Pasifae fu moglie del re di Creta Minosse. Innamoratasi follemente di un toro, si congiunse con l’animale nascosta dentro una vacca di legno e diede alla luce il Minotauro, essere dal corpo umano e testa taurina.
Fedra
fu figlia di Minosse e sposa di Teseo. Respinta da Ippolito, figlio
di Teseo, del quale si era follemente innamorata, lo accusò
falsamente di violenza carnale. Alla morte di Ippolito, maledetto
dal padre e ucciso da un mostro marino, si diede la morte.
Medea fu maga dotata
di poteri quasi divini e assassina dei suoi figli per amore e
gelosia.
Intendo il tempio
di Artemide e Afrodite come il
tempio cioè di chi deve affrontare se stesso e la propria oscurità.
Il Compagno non lavora nella cripta del Tempio,
come succederà ad altri; ma qualcuno la cripta dovrà ben
costruirla. Chi costruisce la cripta? Chi costruisce il Tempio lavora
anche alla cripta.
Costruire la cripta significa entrare nella
propria ombra e prendere contatto con quello che c’è.
Certo, c’è
Venere, la celeste eterea Afrodite, amata da Ares, la Forza, e sposa
di Efesto, brutto e sciancato, ma dalla forza possente, dio del fuoco
sotterraneo e capace artigiano dalla perfezione inimitabile, creatore
impareggiabile. Afrodite ed Efesto, i nostri Venere e Vulcano: è il
caso di dire: che coppia!
Sarà proprio Efesto a sbugiardare la consorte
Afrodite colta in flagrante adulterio con Ares, il dio della forza
(muscolare?) di contro ad Efesto, dio della forza (costruttiva?). La
grande Afrodite, o Venere come la chiamiamo noi latini, che è
fissata nel nostro immaginario dalla magistrale rappresentazione
botticelliana della sua nascita dalla schiuma del mare.
Efesto è anche Afrodite e Afrodite è anche
Efesto. Anche e non solo.
La costruzione del Tempio comporta anche la
costruzione della cripta. Anzi non c’è tempio senza cripta. Quindi
Forza e Bellezza, che intervengono nella costruzione del tempio,
intervengono pure nella costruzione della cripta.
La Bellezza ci permette di cogliere molti aspetti
della nostra Ombra.
Intanto pensiamo al significato etimologico della
parola.
Bellezza proviene dal latino benulus, poi
bellus (non il classico bellum, i = guerra, ma bellus,
a, um) che viene da un antiquato benus per bonus =
bene. Il significato originale era confacente,
comodo, e solo successivamente ben proporzionato
e bello.
Bellezza ed estetica non hanno etimologicamente
punti di contatto.
Estetica deriva dal greco aisteticos
= sensibile, capace
di sentire, percepire
attraverso i sensi. Fu solo nel 1750 che Alexander Gottlieb
Baumgarten la definì come scienza del Bello, delle arti liberali
e gnoseologia inferiore, sorella della Logica. Qui si intende la
bellezza dal punto di vista classico; insomma: sensazione e
sentimento.
Ognuno di noi è inseguito da un’ombra e meno
questa è integrata nella vita conscia dell’individuo, tanto più è
nera e densa affermava Jung.
In psicologia sono molti i sensi
dell’Ombra (i moti di rabbia, le attrazioni disdicevoli, ciò che
non vogliamo mostrare agli altri), ma qui non mi interessa il
discorso meramente psicologico. A mio parere i sensi dell’Ombra non
sono tutti negativi. Sì lì ci sono i mostri che strisciano nel
fondale del nostro mare magnum, ma ci sono gli aspetti che riteniamo
non siano di nostra “competenza”.
Per esempio, assecondando un
mal posto senso di convenienza sociale, l’uomo non doveva mostrarsi
debole e la donna eccessivamente forte e mascolina, per cui tali
aspetti venivano rimossi nell’ombra, assieme alle tendenze ignave
degli attive, alle propensioni irresponsabili delle persone
responsabili, e così via.
Insomma venivano nascoste nell’ombra gli
opposti, che pure ci appartenevano, di quanto volevamo essere. E pure
vi gettiamo le credenze irrazionali incompatibili con la nostra
razionalità.
Dobbiamo superare una visione meramente
medico-psicologica e giungere a una prospettiva più ampia e generale
dove ci sia spazio per una simbolica umana che riguardi il nostro
lavoro: nell’Ombra ci sono anche aspetti positivi, specialmente i
contrari a certi difetti che prevalgono nella nostra personalità
quotidiana.
Come fare per riappropriarci di ciò che
considerammo scarti, ma che scarti non sono e che devono essere
ripresi se vogliamo giungere ad una più sentita completezza?
Non c’è una ricetta valida per tutti; credo che
il primo passo debba essere riuscire a comprendere come siamo
effettivamente e non come vogliamo essere.
Ed è significativo che nel simbolismo muratorio
il vero muratore non sia l’Apprendista, uno che è lì per
imparare, ma il Compagno, quello che si chiama Compagno di Mestiere.
E’ il Compagno che costruisce secondo il progetto del Maestro,
l’unico in grado di disegnare sulla tavola da disegno.
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