lunedì 18 febbraio 2019

Historia magistra vitae?

Sentirono di questo modo e procederono così in ogni cosa quegli Italiani, che nel decimosecondo e decimoterzo secolo riunovarono le maraviglie del valore latino; beati davvero e gloriosi senza fine nella ricordanza dei posteri, se mai dalla mente non cancellavano essere tutti figliuoli d’una grande patria, e che la prima legge evangelica prescriveva loro di sempre amarsi l’un l’altro come uguali e fratelli, chiamati a condurre ad effetto con savia reciprocanza di virtù e di fatiche le sorti magnifiche e progressive dell’umanità!

Così Terenzio Mamiani nella Prefazione ai suoi Inni Sacri. La citazione fu sarcasticamente inserita dal cugino Giacomo Leopardi nella sua Ginestra: Le magnifiche sorti e progressive.
Ogni generazione cancella ciò che la generazione precedente ha costruito.

Spesso si legifera “contro” ciò che già c’era disfacendo ciò che era stato costruito.

La cosa in sé non è necessariamente negativa, anzi… Ma lo diventa se la legislazione modificata era appena stata introdotta.

Mi spiego. Se la nuova legge (per esempio l’introduzione della possibilità di divorzio) modifica un divieto consolidato e secolare che viene percepito come anacronistico e inadeguato (il matrimonio contratto) allora è adeguamento della legislazione al nuovo sentire sociale.

Se invece il (nuovo) legislatore modifica una norma appena introdotta dal (precedente) legislatore  allora la situazione è diversa e appare più adeguamento alla ideologia politica del legislatore del momento piuttosto che esigenza sociale.

E’ un atteggiamento di contrapposizione piuttosto che di collaborazione, di divisione piuttosto che di unione.

Infatti vien meno il camminare insieme di un popolo e il cammino si riduce a una serie di saltelli casuali provocati dagli umori del momento e non da un disegno generale condiviso almeno in alcuni obiettivi finali.

Historia magistra vitae? No certo: chi legifera non impara dal passato, anzi si disinteressa del passato; anzi – peggio – non conosce il passato.

Le magnifiche sorti e progressive non appaiono un adeguato schema di lettura della realtà.

Forse la Bellezza dell’Umanità è poco evidente mentre resta in primo piano la sua Forza, che non adornata dal Bello non può che essere distruttiva (autodistruttiva).

E’ sempre stato così e l’uomo si è sbagliato a interpretare gli avvenimenti storici oppure viviamo in un periodo storico in cui il cammino è in un certo senso nascosto e non evidente?

Non so rispondere.

Certamente era inadeguata l’interpretazione di un cammino lineare o almeno poco tortuoso; certamente oggi appare troppo ingenua l’iconografia di fine Ottocento che vedeva uomini camminare affratellati verso il sole nascente.

Forse era una Bellezza troppo “semplice”: ben difficilmente il rettilineo può descrivere la realtà se non in brevi “intorni”.

E la Forza che estende la rappresentazione alla globalità è purtroppo mal diretta.

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