Sentirono di questo modo e procederono così in ogni cosa quegli
Italiani, che nel decimosecondo e decimoterzo secolo riunovarono le
maraviglie del valore latino; beati davvero e gloriosi senza fine
nella ricordanza dei posteri, se mai dalla mente non cancellavano
essere tutti figliuoli d’una grande patria, e che la prima legge
evangelica prescriveva loro di sempre amarsi l’un l’altro come
uguali e fratelli, chiamati a condurre ad effetto con savia
reciprocanza di virtù e di fatiche le sorti magnifiche e progressive
dell’umanità!
Così
Terenzio Mamiani nella Prefazione ai suoi Inni Sacri. La
citazione fu sarcasticamente inserita dal cugino Giacomo Leopardi
nella sua Ginestra: Le magnifiche sorti e progressive.
Ogni generazione cancella ciò che la generazione
precedente ha costruito.
Spesso si legifera “contro” ciò che già
c’era disfacendo ciò che era stato costruito.
La cosa in sé non è
necessariamente negativa, anzi… Ma lo diventa se la legislazione
modificata era appena stata introdotta.
Mi spiego. Se la nuova legge (per esempio
l’introduzione della possibilità di divorzio) modifica un divieto
consolidato e secolare che viene percepito come anacronistico e
inadeguato (il matrimonio contratto) allora è adeguamento della
legislazione al nuovo sentire sociale.
Se invece il (nuovo) legislatore
modifica una norma appena introdotta dal (precedente) legislatore
allora la situazione è diversa e appare più adeguamento alla
ideologia politica del legislatore del momento piuttosto che esigenza
sociale.
E’ un atteggiamento di contrapposizione
piuttosto che di collaborazione, di divisione piuttosto che di
unione.
Infatti vien meno il camminare insieme di un popolo e il cammino si
riduce a una serie di saltelli casuali provocati dagli umori del
momento e non da un disegno generale condiviso almeno in alcuni
obiettivi finali.
Historia magistra vitae? No certo: chi
legifera non impara dal passato, anzi si disinteressa del passato;
anzi – peggio – non conosce il passato.
Le magnifiche sorti e progressive non
appaiono un adeguato schema di lettura della realtà.
Forse la Bellezza dell’Umanità è poco evidente
mentre resta in primo piano la sua Forza, che non adornata dal Bello
non può che essere distruttiva (autodistruttiva).
E’ sempre stato così e l’uomo si è sbagliato
a interpretare gli avvenimenti storici oppure viviamo in un periodo
storico in cui il cammino è in un certo senso nascosto e non
evidente?
Non so rispondere.
Certamente era inadeguata
l’interpretazione di un cammino lineare o almeno poco tortuoso;
certamente oggi appare troppo ingenua l’iconografia di fine
Ottocento che vedeva uomini camminare affratellati verso il sole
nascente.
Forse era una Bellezza troppo “semplice”: ben
difficilmente il rettilineo può descrivere la realtà se non in
brevi “intorni”.
E la Forza che estende la rappresentazione alla
globalità è purtroppo mal diretta.
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