domenica 17 febbraio 2019

Armonia

Forza e Bellezza.

Non dobbiamo diventare le loro “prede” e men che mai “prede” di una sola delle due. Svanirebbe l’armonia e ci si troverebbe menomati nel mondo.

L’uomo ha in sé la potenzialità dell’armonia.

Ho riletto ieri la fiaba di Barbablù.

Quando Barbablù ritorna al castello e si accorge dalla chiave insanguinata che la moglie gli ha disobbedito l'avverte che dovrà morire. La poverina manda la sorella maggiore sulla torre ad avvertirla dell’arrivo dei fratelli.

Il finale è noto: i fratelli giungono e salvano la sorella minore uccidendo Barbablù.

Che ci ricordano la sorella maggiore e i fratelli salvatori se non l’intreccio armonico di Bellezza e Forza”, di pensiero e azione, di anima e animus?

Anche l'agape massonica è fondamentalmente armonia. E' una “riunione” che rinsalda il rapporto tra i partecipanti.

Quindi i partecipanti devono stare attenti a non turbare l'armonia che vogliono instaurare ed evitare azioni o atteggiamenti che qualcuno potrebbe recepire come “fastidiosi”.

Ho sempre fatto l’esempio del fratello vegetariano che si trova costretto a consumare come cibo agnello, mentre risibile mi apparve la proposta della Commissione Rituali di due anni fa: durante l’agape rituale il vegetariano dovrebbe consumare pane al posto della carne.

Mi parrebbe poco armonico che uno solo si discostasse dagli altri. 

Come sarebbe poco armonico che il solo astemio brindasse con acqua. Se uno per motivi suoi si comporta in un certo modo allora che tutti si comportino in quel modo.

Certo che nel consumo di carne è implicito l’atto violento che uccide l’animale e l’accettazione della violenza alla base della nostra vita quotidiana.

Ma non facciamo falsi moralismi.

L’uomo consuma le cosiddette proteine nobili solo mangiando carne, cioè uccidendo, macellando, cucinando e mangiando.

Solo le proteine hanno permesso che l’uomo giungesse allo stadio di homo sapiens, e quindi consumando anche carne. Questa è la nostra storia evolutiva.

Ciò che invece non va bene è l’aver nascosto la morte dalla nostra società. Acquistiamo un petto di pollo al supermarket e non vogliamo sapere da dove proviene, come è stato preparato e impacchettato
 
Nella famiglia patriarcale si moriva in casa, vicino a figli e nipoti, oggi invece si muore in ospedale dietro un paravento.

Si muore senza il minimo rispetto per la vita, senza sapere e quindi non insegnare che vita e morte sono facce diverse della stessa medaglia.

La nostra società è attraversata da un senso di giovanilismo estremizzato. Si valorizza il giovane, bello e sano.

Si valorizzano cibi sani e naturali, quelli che “fanno bene” e consentono di vivere sani. Si enfatizzano la salute, lo star bene fisicamente, l’essere – come si diceva al tempo del servizio militare – “ginnici e sportivi”.

E quindi si crede che in un modo o nell’altro tutti i problemi prima o poi verranno risolti; e se non accade è certo responsabilità dei “poteri forti” (volta a volta le multinazionali del cibo, le multinazionali del farmaco, le multinazionali di altro ancora).

Quella imperante una visione autistica della vita in cui manca il necessario equilibrio vita – morte.

Mi son piaciute le considerazioni di Adah nell’Albero velenoso della fede (p. 460) sui medici.

Chi ero, per giurare con serenità, in mezzo a tutti quei giovani incravattati, di strappare la vita dalle fauci della natura tutte le sacrosante volte che ne avremmo avuto la minima possibilità, ricevendo assegno? Quel giuramento non mi è mai andato giù, (…) nemmeno per un istante. Non potevo accettare il contratto: che ogni bambino nato umano su questa terra venga al mondo stringendo nel pugnetto un’assicurazione di salute perfetta e di vecchiaia.

Adah critica la tipica mentalità occidentale semplificatrice di causa – effetto che non accetta i casi della vita. E così non si accetta la morte, si spingono le cure oltre ogni limite umano (il cosiddetto “accanimento terapeutico”).

E’ un povero uomo, l’occidentale, che avendo nascosto la morte non accetta che la vita finisca, con un ego ipertrofico che ha come unico punto di riferimento il proprio egoismo.

Un poveretto che ha perso il senso della storia della vita… che ha perso il senso della Bellezza e non comprende la misura della Forza.

Soprattutto l’uomo di oggi non comprende che la vita è morte e che la morte è vita, in un groviglio armonioso che mostra non tanto che morte e vita sono due facce della stessa medaglia ma che sono l’armonia universale.

Da studentessa, leggendo i libri sui parassiti africani ero esterrefatta dalla miriade di creature equipaggiate per radicarsi in un corpo umano. Ne sono ancora stupita, ma con un apprezzamento più sottile per la simbiosi. Allora ero un po’ sconvolta dal fatto che Dio avesse messo i suoi due bambolotti a piedi nudi in un paradiso dove, probabilmente, aveva appena liberato elefantiasi e microbi che mangiano la cornea. Ora capisco; Dio non sta solo dalla parte delle bambole. Noi e i nostri parassiti siamo sbocciati insieme dallo stesso suolo umido nella grande valle del Rift e finora nessu­no dei due sta vincendo sul serio. Cinque milioni di anni sono un lungo sodalizio. Se per un attimo riuscissimo a usci­re dalla nostra amata pelle e apprezzare formiche, uomini e virus come creature dalle identiche risorse, potremmo ammi­rare l’accordo che esse hanno raggiunto in Africa.
Ritornati nella nostra pelle, ovviamente, corriamo a cerca­re una cura. Ma ricordate: viaggi aerei, strade, città, prostituzione, aggregazione umana per il commercio: ecco i doni della fortuna ai virus. Doni dei magi stranieri, portati da lontano. In nome della salvezza per i bambini africani e del­lo sfruttamento dei suoi minerali, l’Occidente si è costruito una strada fino alla propria soglia e l’ha aperta al contagio.

Un insetto può morire di luce! La Morte è il diritto comune a Insetti e Uomini. Allora perché vantarsi? I colleghi mi accusano di cinismo, ma io sono soltanto una vittima della poesia. Ho affidato alla memoria i diritti comuni di insetti e uomini. Non potrei vantarmi neanche se volessi. Non ho le gambe per farlo.

La nostra civiltà occidentale ha sempre considerato regole di vita quelle della Bibbia, “aggiornandole” (diciamo così) a seconda dei tempi.

Siate fecondi e moltiplicatevi, riempite la terra, soggiogatela e abbiate potere sui pesci del mare, sui volatili del cielo e su ogni animale che striscia sulla terra (Genesi 1 – 28) è stato variamente inteso.

L’uomo ha sempre interpretato il versetto come autorizzazione alla sua posizione predominante, che agli occhi dello scienziato deriva dalla storia evolutiva che ha portato l’homo sapiens sapiens in cima alla scala. E qui assistiamo ad un intreccio armonioso di Forza e Bellezza: la Forza della Natura, la Bellezza della Natura.

Se però continui a salire e scendere sulla scala curva, ti vengono idee strane. Va bene evitare (o limitare al massimo) carne nel cibo per evitare sofferenze, ma… E il pesce? Anche il pesce è un essere vivente e ucciderlo produce sofferenza. Non ti devi quindi nutrire a spese di esseri viventi. E le piante?… Anche la pianta è un essere vivente e mangiandola sopprimi un essere vivente.

Non ti consola (almeno non dovrebbe) sapere che un pesce è un essere vivente diverso da un mammifero e che la pianta è ancora più diversa e che comunque non sente dolore perché priva di un sistema nervoso.

Infatti non sai se il dolore si deve necessariamente incanalare in un sistema nervoso oppure può essere sentito anche in altro modo: è solo la nostra ignoranza che lo afferma.

Se non vuoi provocare dolore devi astenerti da qualunque alimento animale o vegetale. Ma non è possibile perché per vivere devi mangiare e devi quindi alimentarti di esseri viventi.

Dobbiamo quindi mangiare altri esseri viventi ma con moderazione: mangiamo per vivere e non viviamo per mangiare. 

Mangiamo senza sprechi. E soprattutto mangiamo con umiltà.

Rispettiamo il cibo, evitiamo lo spreco.

Dobbiamo accettare ciò che siamo nella scala evolutiva della vita, senza ritenersi il punto di arrivo ultimo, ma solo l’ultimo, al momento, stadio; non il definitivo, perché la scala non termina.

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