sabato 23 febbraio 2019

Disagio, Bellezza e l'Ombra

Vecchi appunti mi hanno ricordato una tavola di trent’anni fa sulla quale la mia Loggia fu chiamata a lavorare: Disagio e Bellezza.

Disagio della Belleza? Bellezza del disagio?

In che senso la Bellezza può essere collegata al disagio?

Forse il disagio non è collegato alla Bellezza e nemmeno alla realtà, quanto al nostro modo di vedere la realtà.

Rendersi conto del duplice paradigma di Forza e Bellezza, come due “componenti” nascoste del nostro “vedere”, e quindi del dovere cambiare le nostre prospettive. Il cambiamaento può dare origine al disagio.

Ma in fin dei conti cosa significa disagio?


Disagio è contrario di agio, termine che potrebbe derivare dal gotico azéts = facile, comodo. Per altri agio deriva dal greco aisios = propizio, opportuno. Per altri ancora dal latino otium = ozio o ànsa = ansa, presa e figurativamente facilità.

Agio quindi è lo stato di chi gode una cosa, una situazione di comodo. Disagio è ovviamente il contrario.

Ripropongo la domanda: la Bellezza può provocare disagio? In tutti o solo in qualcuno?

Collegare Bellezza e disagio significa collegare la Bellezza con la nostra Ombra.

Ombra è termine molto vasto e generale: può contenere il mare magnum entro e nel fondo del quale stanno i nostri mostri misteriosi che è bene non stuzzicare, ma può essere anche la nostra parte non illuminata dal sole, quella appunto in ombra.

Non è necessariamente un termine negativo: che sarebbe un quadro senza le ombre?

La Bellezza ci insegna a non rifiutarla: nel tentativo di eliminarla le daremmo forza e vigore.

Non dobbiamo trascurare la nostra Ombra. Sarebbe come affamare una belva e renderla talmente bramosa da divorarci.

L’ombra è come le fondamenta di un edificio che senza quella parte affondata nel terreno, umida, mai illuminata dalla luce del giorno, non si reggerebbe in piedi.

Noè, cessato il diluvio, fa uscire dall’arca per primo il corvo, che non trovando da posarsi vola andando e tornando (Gen. 8 – 7). Fa poi uscire la colomba che che al terzo volo non ritorna più. Certe interpretazioni lasciano freddi: il corvo è uccello dal volo corto a differenza della colomba dal volo lungo.

Noè è protagonista di una storia sacra per cui anche se certa simbolica può essere stata presa dal mondo quotidiano (quello di più di trenta secoli fa) va interpretata non con le proprietà fisiche ma dal punto di vista sacro.

La colomba bianca vola via, ma il corvo nero no, vola avanti e indietro. Quando c’è luce c’è pure ombra (poca, ma c’è). La luce può andarsene, invece l’ombra resta. Il corvo-ombra non può volar via, ma resta vicino, quasi legato indissolubilmente. La colomba – luce invece è libera di volar via.

Colomba e corvo sono uccelli, animali cioè connaturati al volo. Il corvo fa pensare non tanto ai mostri, alati o no, che dimorano nell’ombra quanto a quella parte non luminosa, quelle dove sono le aspirazioni non realizzate, i desideri, ciò che si vorrebbe fare e quello che non si vorrebbe o che non si potrebbe ma si vorrebbe fare. Insomma, la parte al buio, non necessariamente il posto del negativo, ma anche quello.

Il buio è collegato alla notte, al periodo che dedichiamo al sonno. Ma il sonno non è solo riposo, bensì fonte inesauribile di spunti e suggerimenti. Chi paragona il sonno alla morte non ha compreso il senso della vita: il sonno è la finestra attraverso la quale occasioni e opportunità raggiungono l’uomo. Il sonno è la via dei sogni. Un sogno non ricordato e non spiegato è una opportunità persa, una pagina di un libro non letta, una finestra che resta chiusa.

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