Vecchi
appunti mi hanno ricordato una tavola di trent’anni fa
sulla quale la mia Loggia fu chiamata a lavorare: Disagio e Bellezza.
Disagio
della Belleza? Bellezza del disagio?
In che
senso la Bellezza può essere collegata al disagio?
Forse il
disagio non è collegato alla Bellezza e nemmeno alla realtà, quanto
al nostro modo di vedere la realtà.
Rendersi
conto del duplice paradigma di Forza e Bellezza, come due
“componenti” nascoste del nostro “vedere”, e quindi del
dovere cambiare le nostre prospettive. Il cambiamaento può dare
origine al disagio.
Ma in fin
dei conti cosa significa disagio?
Disagio è
contrario di agio, termine che potrebbe derivare dal gotico
azéts = facile, comodo. Per altri agio deriva
dal greco aisios = propizio,
opportuno. Per altri ancora dal latino otium =
ozio o ànsa = ansa,
presa e figurativamente facilità.
Agio quindi
è lo stato di chi gode una cosa, una situazione di comodo. Disagio è
ovviamente il contrario.
Ripropongo
la domanda: la Bellezza può provocare disagio? In tutti o solo in
qualcuno?
Collegare
Bellezza e disagio significa collegare la Bellezza con la nostra
Ombra.
Ombra è
termine molto vasto e generale: può contenere il mare magnum
entro e nel fondo del quale stanno i nostri mostri misteriosi che è
bene non stuzzicare, ma può essere anche la nostra parte non
illuminata dal sole, quella appunto in ombra.
Non è
necessariamente un termine negativo: che sarebbe un quadro senza le
ombre?
La Bellezza
ci insegna a non rifiutarla: nel tentativo di eliminarla le daremmo
forza e vigore.
Non
dobbiamo trascurare la nostra Ombra. Sarebbe come affamare una belva
e renderla talmente bramosa da divorarci.
L’ombra è
come le fondamenta di un edificio che senza quella parte affondata
nel terreno, umida, mai illuminata dalla luce del giorno, non si
reggerebbe in piedi.
Noè,
cessato il diluvio, fa uscire dall’arca per primo il corvo, che non
trovando da posarsi vola andando e tornando (Gen. 8 – 7). Fa
poi uscire la colomba che che al terzo volo non ritorna più. Certe
interpretazioni lasciano freddi: il corvo è uccello dal volo corto a
differenza della colomba dal volo lungo.
Noè è
protagonista di una storia sacra per cui anche se certa simbolica può
essere stata presa dal mondo quotidiano (quello di più di trenta
secoli fa) va interpretata non con le proprietà fisiche ma dal punto
di vista sacro.
La colomba
bianca vola via, ma il corvo nero no, vola avanti e indietro. Quando
c’è luce c’è pure ombra (poca, ma c’è). La luce può
andarsene, invece l’ombra resta. Il corvo-ombra non può volar via,
ma resta vicino, quasi legato indissolubilmente. La colomba – luce
invece è libera di volar via.
Colomba e
corvo sono uccelli, animali cioè connaturati al volo. Il corvo fa
pensare non tanto ai mostri, alati o no, che dimorano nell’ombra
quanto a quella parte non luminosa, quelle dove sono le aspirazioni
non realizzate, i desideri, ciò che si vorrebbe fare e quello che
non si vorrebbe o che non si potrebbe ma si vorrebbe fare. Insomma,
la parte al buio, non necessariamente il posto del negativo, ma anche
quello.
Il buio è
collegato alla notte, al periodo che dedichiamo al sonno. Ma il sonno
non è solo riposo, bensì fonte inesauribile di spunti e
suggerimenti. Chi paragona il sonno alla morte non ha compreso il
senso della vita: il sonno è la finestra attraverso la quale
occasioni e opportunità raggiungono l’uomo. Il sonno è la via dei
sogni. Un sogno non ricordato e non spiegato è una opportunità
persa, una pagina di un libro non letta, una finestra che resta
chiusa.
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