Tra i simboli muratori ve ne sono
alcuni che mi colpiscono ed altri che mi lasciano piuttosto freddo.
Sono i due estremi che posso
identificare da una parte nell’Oriente Eterno e dall’altra nella
Melagrana.
Il simbolo è qualcosa che mette in
movimento certe nostre energie che poi il Rito (personale o di gruppo
o di una certa Istituzione) deve incanalare.
Se il simbolo non ci colpisce allora
mette in moto poca o nessuna energia.
Il simbolo della melagrana non mi ha
mai colpito più di tanto.
Sì, indica la fratellanza e lo stare
assieme. Ma, appunto, stare assieme non vuol necessariamente dire
fratellanza. I semi son vicini gli uni agli altri, ciascuno protetto
da una scorza dura, quasi vicini e allo stesso tempo separati. Tutto il frutto è protetto da una scorza ancora
più dura, che protege e separa, quasi che i semi fossero in una specie di forno della vita
che protegge i germi delle future vite.
Ma è un simbolo che non sento, non mi
colpisce.
Forse mi colpì l’aforisma di Gibran. Parla
un seme di melagrana e dice della confusione che vi regna: ogni seme
vuol sempre dire la sua. Quel seme alla fine lascia la melagrana per
la mela cotogna: solo cinque semi e tutti silenziosi.
Probabilmente del simbolo melagrana ho
sempre avvertito l’altra faccia, la valenza “negativa”: non
esiste il tutto buono o il tutto cattivo.
La fratellanza è bella, ma rumorosa. E
non solo.
Deve essere armonia, non sopportazione.
Ma se c’è chi sopporta significa pure che c’è chi si fa
sopportare. E questa non è fratellanza e nemmeno tolleranza.
La tolleranza ha bisogno dell’armonia
e dove c’è sopportazione manca proprio l’armonia.
La massoneria anglosassone ha un
simbolo molto significativo proprio in grado di Maestro: l’alveare.
Il Rituale Duncan suggerisce riflessioni molto profonde sull'alveare.
È
simbolo di industriosità, e raccomanda la pratica di questa virtù a
tutti gli esseri creati, dal più alto serafino in cielo al più
basso rettile che striscia nella polvere. Ci insegna che, come noi
veniamo al mondo esseri razionali e intelligenti, così dovremmo
essere operosi; mai seduti soddisfatti mentre i nostri compagni sono
nel bisogno, quando è in nostro potere alleviare la loro posizione
senza disagi per noi stessi.
Quando
esaminiamo la natura, vediamo l'uomo, nella sua infanzia, più
bisognoso di aiuto e più indifeso di una creazione bruta, lui per
giorni, mesi e anni è del tutto incapace di fornire sostentamento a
se stesso, di guardarsi dall'attacco delle belve della foresta, o di
proteggersi dalle inclemenze del tempo.
Sarebbe
piaciuto al grande Creatore del cielo e della terra, di aver fatto
l'uomo indipendente da tutti gli altri esseri; ma, come la dipendenza
è uno dei più forti legami della società, gli uomini sono stati
dipendenti gli uni dagli altri per protezione e sicurezza, in quanto
in tal modo possono avere migliori opportunità di adempiere agli
obblighi di reciproco amore e amicizia. Così l'uomo è stato creato
per una vita sociale e attiva, la parte più nobile del lavoro di
Dio, e colui che sminuirà se stesso per non aggiungere al patrimonio
comune di conoscenza e comprensione, può essere considerato un
fannullone nell'alveare della natura, un membro inutile della
società, e indegno della nostra protezione come massoni.
Nell’alveare regna armonia. Anzi è
addirittura inconcepibile che non vi sia armonia.
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