giovedì 22 novembre 2018

Il sole e il gallo

Una nota canta di Aldo Spallicci (La Majé, la maggiolata) recita:

Viva e’ sol ad premavera,
che prumet e’ gran ins l’era
e che dis: fa ch’ a farò.

Cioè: Viva il sole di primavera / che promette il grano nell’aia / e che dice: fa’ che io farò (datti da fare che anch’io farò la mia parte).

Tu fai, ed io ti aiuterò, dice il sole in primavera, quindi il sole che sta per giungere al massimo della sua potenza.

Il sole è l’astro che dà luce e calore e il suo continuo apparire e scomparire, riscaldare fino a bruciare o pallidamente illuminare ha certo influenzato l’uomo fin nel profondo della sua psiche. Come l’ha influenzato l’altro astro, la luna, dalla forma variabile, sempre uguale e sempre diversa.

Venne spontaneo associare il sole alla Forza maschia vigorosa e la luna alla Bellezza femminea misteriosa, coppia archetipica sorgente di tutte le coppie fisiche, psichiche e spirituali nell’umano.

Un antico inno egizio canta:

Il tuo amore è nel cielo del sud
e la tua grazia è nel cielo del nord.

Colpisce questo inno al sole che, contemporaneamente e nascostamente, è pure inno alla luna.

Il sole è fonte di vita ma anche origine di morte (il “troppo sole”).
La luna schiarisce il buio della notte, ma nel buio fermenta il vecchio per dar vita al nuovo.
 
Nell’antica Grecia sacro al sole Apollo era il gallo, che in certe nostre campagne nel secolo scorso, proprio nel giorno di san Giovanni d’estate, veniva “sacrificato” (prosaicamente messo in pentola per un brodo saporito).

Socrate fece sacrificare un gallo ad Esculapio, figlio di Apollo e dio della medicina.

Protagonista delle notti di maggio è l’usignolo che canta fino a lasciare, all’alba, il posto al gallo, che annuncia e’ sol ad premavera.

Il gallo, l’annunciatore: uccello quasi fin troppo legato all’umano.

Sarà lui a cantare per ben tre volte al tradimento di Pietro.

Ma Pietro, pur tradendo, sarà il fondatore della chiesa. Non dobbiamo stupirci: il nostro è il mondo dei contrasti e del relativo.
Contrasti e contraddizioni fin troppo inconciliabili, ma solo apparentemente: chi sa vedere riuscirà a comprendere aspetti diversi di una stessa Cosa.

Il gallo non è in chiesa e nemmeno in Loggia.

Diversi documenti muratori del XVIII secolo lo spiegano. Il manoscritto Chetwoode (1700) dice chiaramente che la loggia perfetta è formata da sette maestri, cinque apprendisti, lontana un giorno dal paese, là dove non si ascoltò mai cane abbaiare né gallo cantare.

Il gallo non è in chiesa ma un tempo sul campanile. Il gallo non è in Loggia ma canta nel Gabinetto di Riflessione.

Struggente il fratello Carducci, che ricorda:

Sette paia di scarpe ho consumate
di tutto ferro per te ritrovare:
sette verghe di ferro ho logorate
per appoggiarmi nel fatale andare:
sette fiasche di lacrime ho colmate,
sette lunghi anni, di lacrime amare:
tu dormi a le mie grida disperate,
e il gallo canta, e non ti vuoi svegliare.

Il gallo, l’uccello che annuncia il giorno, l’alba, la luce canta. Annuncia il risveglio.

E’ tempo di svegliarsi, riprendere il cammino.

Ma... e se non ti svegli?... se non vuoi svegliarti?

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