Una nota canta di Aldo Spallicci (La
Majé, la maggiolata) recita:
Viva e’ sol ad
premavera,
che prumet e’
gran ins l’era
e che dis: fa ch’
a farò.
Cioè: Viva il sole di primavera /
che promette il grano nell’aia / e che dice: fa’ che io farò
(datti da fare che anch’io
farò la mia parte).
Tu fai, ed io ti
aiuterò, dice il sole in primavera, quindi il sole che sta per
giungere al massimo della sua potenza.
Il sole è l’astro
che dà luce e calore e il suo continuo apparire e scomparire,
riscaldare fino a bruciare o pallidamente illuminare ha certo
influenzato l’uomo fin nel profondo della sua psiche. Come l’ha
influenzato l’altro astro, la luna, dalla forma variabile, sempre
uguale e sempre diversa.
Venne spontaneo
associare il sole alla Forza maschia vigorosa e la luna alla Bellezza
femminea misteriosa, coppia archetipica sorgente di tutte le coppie
fisiche, psichiche e spirituali nell’umano.
Un antico inno
egizio canta:
Il tuo amore è nel cielo del sud
e la tua grazia è nel cielo del nord.
Colpisce questo
inno al sole che, contemporaneamente e nascostamente, è pure inno
alla luna.
Il sole è fonte di
vita ma anche origine di morte (il “troppo sole”).
La luna schiarisce il buio della notte, ma nel buio fermenta il vecchio per dar vita al nuovo.
Nell’antica
Grecia sacro al sole Apollo era il gallo, che in certe nostre campagne
nel secolo scorso, proprio nel giorno di san Giovanni d’estate,
veniva “sacrificato” (prosaicamente messo in pentola per un brodo
saporito).
Socrate fece
sacrificare un gallo ad Esculapio, figlio di Apollo e dio della
medicina.
Protagonista delle
notti di maggio è l’usignolo che canta fino a lasciare, all’alba, il posto al gallo, che annuncia e’ sol ad premavera.
Il gallo,
l’annunciatore: uccello quasi fin troppo legato all’umano.
Sarà
lui a cantare per ben tre volte al tradimento di Pietro.
Ma Pietro, pur
tradendo, sarà il fondatore della chiesa. Non dobbiamo stupirci: il
nostro è il mondo dei contrasti e del relativo.
Contrasti e
contraddizioni fin troppo inconciliabili, ma solo apparentemente: chi
sa vedere riuscirà a comprendere aspetti diversi di una stessa Cosa.
Il gallo non è in
chiesa e nemmeno in Loggia.
Diversi documenti muratori del XVIII
secolo lo spiegano. Il manoscritto Chetwoode (1700) dice chiaramente
che la loggia perfetta è formata da sette maestri, cinque
apprendisti, lontana un giorno dal paese, là dove non si ascoltò
mai cane abbaiare né gallo cantare.
Il gallo non è in
chiesa ma un tempo sul campanile. Il gallo non è in Loggia ma canta
nel Gabinetto di Riflessione.
Struggente
il fratello Carducci, che ricorda:
Sette paia di scarpe ho consumate
di tutto ferro per te ritrovare:
sette verghe di ferro ho logorate
per appoggiarmi nel fatale andare:
sette fiasche di lacrime ho colmate,
sette lunghi anni, di lacrime amare:
tu dormi a le mie grida disperate,
e il gallo canta, e non ti vuoi svegliare.
Il gallo, l’uccello
che annuncia il giorno, l’alba, la luce canta. Annuncia il
risveglio.
E’ tempo di
svegliarsi, riprendere il cammino.
Ma... e se non ti
svegli?... se non vuoi svegliarti?
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