martedì 20 novembre 2018

Forza e Bellezza

Cogli il bello anche nella prosaica realtà quotidiana, magari proprio là dove il bello non pensavi ci fosse.

Cammino in collina. La strada è quella che percorro in auto quotidianamente, ma ora “vedo” tante cose nuove sulle quali ho sempre gettato uno sguardo frettoloso ma che non avevo mai veramente visto.

Là in certi momenti dell’anno si vede il sole levarsi dal mare a una trentina di chilometri in linea d’aria. Qui vidi un mattino un fagianotto vicino al corpo di un altro fagianotto investito da un’auto (fratello? Son validi anche per gli animali i nostri rapporti?) in attesa forse che si rialzasse. Segno che certi sentimenti non sono nostro monopolio umano?

E allora, uomini, sarà pur giunta l’ora di rivederli i nostri totalizzanti parametri antropocentrici!

Qui, camminando senza fretta, ho visto un piccolo cippo, seminascosto dalla vegetazione. Avevo già notato, passando in auto, l’inizio di una scala in mattoni sbrecciati, ma mentre guidi non hai tempo di soffermarti: cogli con la vista e sei già oltre. A piedi invece ti fermi, guardi, osservi...

Il cippo ricorda i soldati morti durante la prima guerra mondiale, cent’anni fa. I luoghi in cui morirono sono purtroppo noti; di altri leggiamo che morirono “in zona di guerra”, cioè non si sa dove.

Mi colpisce la provenienza di questi ragazzi ed è chiaramente scritto: ragazzi che abitavano qui morti nella guerra.

Qui, in una piccola località sulle prime colline. Una quindicina di ragazzi morti in guerra. Oggi come allora una manciata di case.

Ma noi oggi non riusciamo più a cogliere il contesto. Se in una piccola località di collina (poche decine di abitanti) una decina di suoi ragazzi cadde in guerra, e altrettanti in un’altra piccola comunità a poche centinaia di metri in linea d’aria da qui, quale fu l’impatto emotivo in gente attaccata alla propria terra per la quale forse era estraneo il senso di “far la guerra” in terre sentite lontane?

Camminando rifletto sulla Bellezza del vivere in piccole comunità abbarbicate alla terra, che dalla terra traevano non solo il (poco) sostentamento materiale ma il senso della vita.

E rifletto sulla Bellezza di chi aveva (aveva? no, se l’era costruito!) un orizzonte più vasto, che sentiva il senso di idee per tanti in quei tempi astratte e artificiose: patria, indipendenza, libertà. E fratellanza. E uguaglianza.

E rifletto (sì, la Bellezza una volta che fa breccia nella mente diventa un mare inarrestabile) sulla guerra, sulle idee, sulle persone, sugli uomini che seguono le idee e sugli uomini dietro alle idee.

Al di là di considerazioni su guerre giuste e guerre ingiuste (tendenzialmente sarei per intenderle tutte ingiuste, ma... e la difesa?) ho sentito forte il senso di quei moniti alla guerra e quei cippi ai caduti “di tutte le guerre”, senza distinzioni. Ricordo come da adolescente mi irritassero quelle scritte “ai caduti di tutte le guerre” come indice di indifferentismo; oggi invece mi paiono segni di saggezza.

Mi colpisce chi lotta per la libertà, ma mi commuove il ragazzo che viene sbattuto in paesi lontani e muore vestendo la “divisa sbagliata”.

Tra le carte di mio padre ho trovato sotto la data del 4 agosto 1962 due righe dedicate all’amico Araldo, morto nel giugno 1942 nei battaglioni delle camicie nere d’assalto. In quei giorni i suoi resti ritornavano per riposare nel cimitero di casa.

Quanti giovani sono morti allora, in buona fede come te, credendo di servire la patria, mentre invece si sacrificavano soltanto per gli interessi materiali del fascismo!
Ma io non voglio ora polemizzare coi vivi. Voglio solo ricordare l'amico che, non ancora ventenne, cadde in terra straniera e solo ora può riposare nella sua terra. Che importa se indossavi la camicia nera! A coloro che sono caduti combattendo in buona fede, a qualunque credo politico o religioso appartenessero, qualunque fosse il colore della camicia o del fazzoletto che portavano, a tutti costoro deve andare il nostro rispetto, sia che ingenuamente abbiano offerto la loro vita al regime che già imperava quando essi nacquero, sia che generosamente si siano immolati per riconquistare la libertà all'Italia.
Ai Morti, a tutti i Morti, il nostro rispetto ed il nostro rimpianto.
Riposa in pace, Araldo.

La Forza ci induce alle distinzioni e alla valutazione dei motivi; la Bellezza ci spinge semplicemente ad aprirci agli altri.

Oggi sono avvenimenti lontani, lontani quelli dell’ultima guerra e lontanissimi quella della precedente (è appena passato il centenario della fine). E quei nomi scritti sul cippo, ragazzi nati nell’ultima decade dell’Ottocento e morti nella seconda del Novecento (cent'anni fa), oggi non li ricorda più nessuno: sono appunto solo nomi su un monumento e una foto sul vetro.

Il tempo scorre, secondo la forza della vita. La legge naturale va accettata: è la bellezza della vita.

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