Non ci voleva molto a capire, malgrado
la censura e la retorica imperante, che la guerra era
irrimediabilmente persa. Lo si capiva dalle restrizioni della vita
quotidiana, dall’essere molta merce irreperibile.
Chiunque lo capiva, tranne chi viveva
accecato dalla finta Bellezza che scambia lustrini per illuminazioni
spirituali e vede gioielli nei fondi di bicchiere.
Chiunque lo capiva, tranne i pochi
ciechi che vivevano nella mistica della retorica e avevano perso i
contatti con la realtà.
Tra questi il nostro Annibale. Messo in
disparte dopo la presa del potere perché chi vuole la “rivoluzione
continua” è invece preda della “stupidità continua”,
in quello scorcio di regime è ripescato solo perché tra gli unici
disponibili nel fuggi fuggi generalizzato, indipendentemente dalle
capacità, indipendentemente dalla intelligenza, indipendentemente da
tutto.
L’entrata in scena del cav. Annibale
è tutto un programma.
Annibale, uomo vissuto di cattiva
poesia, statico nei suoi versi svincolati dalla realtà, scattante
nelle sue fantasticherie ma solo in quelle, non comprende il senso
dell’animosità della discussione tra i quattro maggiorenti del
partito. Assistiamo al classico prender fischi per fiaschi, lucciole
per lanterne. Annibale capisce che quei “ragazzi”
discutono della “morte eroica” invece dei “luoghi da
preferire per imboscare le di già in salvo famiglie”.
Lui non capisce, ma gli altri sì.
Capiscono subito con chi hanno a che fare, capiscono subito che razza
di “esaltato alle [loro] calcagna” fosse. Per loro
– ne sono sicuri – con un pazzo come quello non ci sarà scampo.
Pazzo – Che vuol dire pazzo? Dal
nostro punto di vista non è pazzo: è solo un minus habens
che crede ella sua “bellezza”. E non sa cosa sia la “realtà”,
perché con la realtà “lui” non ha mai avuto rapporti.
Ed ecco quindi che gli interlocutori, i
funzionari di partito, gli uomini pratici (che non perdono il
contatto con la realtà, ma che colgono solo ciò che può giungere
dalla realtà a loro aiuto o interesse) rimangono dapprima sbalorditi
e increduli. Poi cercano di reagire, obiettando – anche
realisticamente – l’assenza in città di bombardamenti proprio a
causa – fino a quel momento – del loro “buon governo” (sic!):
mai utilitarismo fu piegato a bassezze personali!
Ma si trovano spiazzati di fronte al
granitico Annibale: il popolo ha “bisogno” del “battesimo del
fuoco”!
Povero Annibale – Incosciente –
Ecco dove si annida il Diavolo! Solo un minus habens come lui
può parlare di necessità (!) di un’azione bellica!
Interpellato maliziosamente dal
federale con un “Scusi eccellenza” ecco che subito il poverino
parte con una sparata che mostra quanto poco abbia compreso di ciò
che stava succedendo. Per prima cosa riprende immediatamente
l'interlocutore per l’uso del vetusto lei al posto del prescritto
voi e per la mancanza della divisa, essendo i quattro, pur alti
titolati della milizia e del partito, in abiti borghesi. Li vuole lì
entro breve, in divisa, per l’adunata della popolazione, che si
convocherà per la sera, con tanto di divise e fiaccole, a sostegno
del paese e del regime. Inutili le obiezioni, sensate sulla
illuminazione e le fiaccole: “Il Mar Mediterraneo era pieno
zeppo di portaerei e sarebbe bastata la fiammella di un lumino a far
divampare l’incendio”.
Congedati i quattro, il cavaliere
visita la sede del partito. Non trova trova nessuno: tutti fuggiti.
Tutti tranne Gaetano, un vecchietto che lavora in uno sgabuzzino in
fondo a un corridoio.
I casi della vita. Annibale e Gaetano
erano amici e camerati alla marcia su Roma di vent’anni prima.
Anche Gaetano era stato messo da parte, irriducibile, come Annibale,
avversario di ogni “normalizzazione”. Due uomini fatti della
stessa pasta: nostalgici degli inizi, ma congelati a quei tempi e
incapaci di cogliere i cambiamenti nel mondo.
Come il mitico Ercole siete fermo
tra le Colonne che rappresentano la Forza e la Bellezza.
Dovrete alimentare una conoscenza
più sottile: alla Forza dell’Intelletto dovrete aggiungere la
Bellezza dell’Immaginazione perché possa suscitarsi, in voi,
l’Intuizione che trascende il Raziocinio...
Annibale e Gaetano proprio non son
riusciti nella loro vita ad alimentare la Bellezza
dell’Immaginazione. Si son “fermati” alla fantasticheria, che
Bellezza non è anche se può apparirvi simile.
E così i due fantasticano sul
“seguito” nel popolo: il popolo sarà ancora con noi, il popolo è
con noi. Se ritorniamo in mezzo al popolo, sarà ancora con noi.
Passano il pomeriggio immersi nelle
loro fantasticherie senza fondamento, sogni di bimbi sognati da chi
bimbo non è più. Al calar del buio, mancando la corrente elettrica,
alla luce di due fiaccole, inopinatamente accese, che Gaetano
conservava per festeggiare la futura vittoria, usciti nella buia
piazza deserta danno l’esca ai bombardieri alleati che sganciano
sulla città. Ecco il battesimo del fuoco tanto vagheggiato da
Annibale per temprare gli animi! Tanto li temprò che cancellò anche
i loro corpi tra le macerie in fiamme.
E i quattro dirigenti del partito?
Fuggiti, loro sì avulsi dalle fantasticherie, anzi avulsi dalla
Bellezza tutta.
Fuggiti, come tutti gli opportunisti. Pronti a
cambiar bandiera. Anzi, con la bandiera già cambiata.
Altro che
Bellezza! La Forza era il loro fine, la Forza pura e semplice... La
Forza del più forte... La Forza del vincitore...
Insomma la Forza di chi forte non è. La Forza del debole.
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