lunedì 19 novembre 2018

Annibale e Gaetano 4

Non ci voleva molto a capire, malgrado la censura e la retorica imperante, che la guerra era irrimediabilmente persa. Lo si capiva dalle restrizioni della vita quotidiana, dall’essere molta merce irreperibile.

Chiunque lo capiva, tranne chi viveva accecato dalla finta Bellezza che scambia lustrini per illuminazioni spirituali e vede gioielli nei fondi di bicchiere.

Chiunque lo capiva, tranne i pochi ciechi che vivevano nella mistica della retorica e avevano perso i contatti con la realtà.
Tra questi il nostro Annibale. Messo in disparte dopo la presa del potere perché chi vuole la “rivoluzione continua” è invece preda della “stupidità continua”, in quello scorcio di regime è ripescato solo perché tra gli unici disponibili nel fuggi fuggi generalizzato, indipendentemente dalle capacità, indipendentemente dalla intelligenza, indipendentemente da tutto.

L’entrata in scena del cav. Annibale è tutto un programma.
Annibale, uomo vissuto di cattiva poesia, statico nei suoi versi svincolati dalla realtà, scattante nelle sue fantasticherie ma solo in quelle, non comprende il senso dell’animosità della discussione tra i quattro maggiorenti del partito. Assistiamo al classico prender fischi per fiaschi, lucciole per lanterne. Annibale capisce che quei “ragazzi” discutono della “morte eroica” invece dei “luoghi da preferire per imboscare le di già in salvo famiglie”.

Lui non capisce, ma gli altri sì. Capiscono subito con chi hanno a che fare, capiscono subito che razza di “esaltato alle [loro] calcagna” fosse. Per loro – ne sono sicuri – con un pazzo come quello non ci sarà scampo.

Pazzo – Che vuol dire pazzo? Dal nostro punto di vista non è pazzo: è solo un minus habens che crede ella sua “bellezza”. E non sa cosa sia la “realtà”, perché con la realtà “lui” non ha mai avuto rapporti.

Ed ecco quindi che gli interlocutori, i funzionari di partito, gli uomini pratici (che non perdono il contatto con la realtà, ma che colgono solo ciò che può giungere dalla realtà a loro aiuto o interesse) rimangono dapprima sbalorditi e increduli. Poi cercano di reagire, obiettando – anche realisticamente – l’assenza in città di bombardamenti proprio a causa – fino a quel momento – del loro “buon governo” (sic!): mai utilitarismo fu piegato a bassezze personali!

Ma si trovano spiazzati di fronte al granitico Annibale: il popolo ha “bisogno” del “battesimo del fuoco”!

Povero Annibale – Incosciente – Ecco dove si annida il Diavolo! Solo un minus habens come lui può parlare di necessità (!) di un’azione bellica!

Interpellato maliziosamente dal federale con un “Scusi eccellenza” ecco che subito il poverino parte con una sparata che mostra quanto poco abbia compreso di ciò che stava succedendo. Per prima cosa riprende immediatamente l'interlocutore per l’uso del vetusto lei al posto del prescritto voi e per la mancanza della divisa, essendo i quattro, pur alti titolati della milizia e del partito, in abiti borghesi. Li vuole lì entro breve, in divisa, per l’adunata della popolazione, che si convocherà per la sera, con tanto di divise e fiaccole, a sostegno del paese e del regime. Inutili le obiezioni, sensate sulla illuminazione e le fiaccole: “Il Mar Mediterraneo era pieno zeppo di portaerei e sarebbe bastata la fiammella di un lumino a far divampare l’incendio”.

Congedati i quattro, il cavaliere visita la sede del partito. Non trova trova nessuno: tutti fuggiti. Tutti tranne Gaetano, un vecchietto che lavora in uno sgabuzzino in fondo a un corridoio.

I casi della vita. Annibale e Gaetano erano amici e camerati alla marcia su Roma di vent’anni prima. Anche Gaetano era stato messo da parte, irriducibile, come Annibale, avversario di ogni “normalizzazione”. Due uomini fatti della stessa pasta: nostalgici degli inizi, ma congelati a quei tempi e incapaci di cogliere i cambiamenti nel mondo.

Come il mitico Ercole siete fermo tra le Colonne che rappresentano la Forza e la Bellezza.
Dovrete alimentare una conoscenza più sottile: alla Forza dell’Intelletto dovrete aggiungere la Bellezza dell’Immaginazione perché possa suscitarsi, in voi, l’Intuizione che trascende il Raziocinio...

Annibale e Gaetano proprio non son riusciti nella loro vita ad alimentare la Bellezza dell’Immaginazione. Si son “fermati” alla fantasticheria, che Bellezza non è anche se può apparirvi simile.

E così i due fantasticano sul “seguito” nel popolo: il popolo sarà ancora con noi, il popolo è con noi. Se ritorniamo in mezzo al popolo, sarà ancora con noi.

Passano il pomeriggio immersi nelle loro fantasticherie senza fondamento, sogni di bimbi sognati da chi bimbo non è più. Al calar del buio, mancando la corrente elettrica, alla luce di due fiaccole, inopinatamente accese, che Gaetano conservava per festeggiare la futura vittoria, usciti nella buia piazza deserta danno l’esca ai bombardieri alleati che sganciano sulla città. Ecco il battesimo del fuoco tanto vagheggiato da Annibale per temprare gli animi! Tanto li temprò che cancellò anche i loro corpi tra le macerie in fiamme.

E i quattro dirigenti del partito?

Fuggiti, loro sì avulsi dalle fantasticherie, anzi avulsi dalla Bellezza tutta.

Fuggiti, come tutti gli opportunisti. Pronti a cambiar bandiera. Anzi, con la bandiera già cambiata.

Altro che Bellezza! La Forza era il loro fine, la Forza pura e semplice... La Forza del più forte... La Forza del vincitore...

Insomma la Forza di chi forte non è. La Forza del debole.

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