lunedì 12 maggio 2014

Loggia Madre

LOGGIA MADRE
C'erano Rundle, il capo stazione,
E Beazeley, delle Ferrovie,
E Ackman dell'Intendenza,
E Donkin delle Prigioni,
E Blake il sergente istruttore,
Per due volte fu il nostro Venerabile
Con quello che aveva il negozio «Europa»,
Il vecchio Framjee Eduljee.

Fuori - «Sergente, Signore, Saluto, Salaam»
Dentro, «Fratello», e non c'era nulla di male.
Ci incontravamo sulla Livella e ci separavamo sulla Squadra,
Ed io ero Secondo Diacono nella mia Loggia Madre laggiù!

Avevamo Bola Nath il contabile
E Saul, l'israelita di Aden,
E Din Mohammed disegnatore al Catasto,
C'erano Babu Chuckerbutty,
E Amir Singh, il Sikh,
E Castro delle officine di riparazione,
Il Cattolico Romano!

Non avevamo belle insegne,
E il nostro Tempio era vecchio e spoglio,
Ma conoscevamo gli antichi Landmarks,
E li osservavamo per filo e per segno.
E guardando tutto ciò all'indietro,
Mi colpisce questo fatto,
Che non esiste qualcosa come un infedele,
Eccetto, forse, noi stessi.

Poiché ogni mese, finiti i Lavori,
Ci sedevamo tutti e fumavamo,
(Non osavamo fare banchetti
Per non violare la casta di un Fratello),
E si parlava, uno dopo l'altro,
Di Religione e di altre cose,
Ognuno rifacendosi al Dio che meglio conosceva.

L'uno dopo l'altro si parlava,
E non un solo Fratello si agitava,
Fino a che il mattino svegliava i pappagalli,
E quell'altro uccello vaneggiante;
Si diceva che ciò era curioso,
E si rincasava per dormire,
Con Maometto, Dio e Shiva
Che facevano il cambio della guardia nelle nostre teste.

Sovente, al servizio del Governo,
Questi passi erranti hanno visitato
E recato saluti fraterni
A Logge d'oriente e d'occidente,
Secondo l'ordine ricevuto,
Da Kohat a Singapore,
Ma come vorrei rivedere
Ancora una volta quelli della mia Loggia Madre!

Vorrei potere rivederli,
I miei Fratelli neri e scuri,
Tra l'odore piacevole dei sigari di là,
Mentre ci si passa l'appiccicafuoco;
E con il vecchio khansamah che russa
Sul pavimento della dispensa,
Ah! essere Maestro Massone di buona fama
Nella mia Loggia Madre, ancora una volta!

Fuori - «Sergente, Signore, Saluto, Salaam»
Dentro, «Fratello», e non c'era nulla di male.
Ci incontravamo sulla Livella e ci separavamo sulla Squadra,
Ed io ero Secondo Diacono nella mia Loggia Madre laggiù!


Nato a Bombay da genitori inglesi, a cinque anni Kipling fu mandato in patria per ricevere un'educazione adeguata. Ritornato in India, a Lhaore, il suo comportamento gli acquisì la fiducia di due colonnelli dell’esercito inglese che gli fecero da garanti consentendo l'ingresso, nell'aprile 1886 non essendo ancora maggiorenne (come prescritto) nella Loggia Hope and Perseverance n.782 all'Oriente di Lahore, Loggia di cui fu subito Segretario, poi Direttore delle Cerimonie, ma che dovette lasciare ben presto, l'anno dopo, perché inviato per lavoro altrove.
La poesia, un vero e proprio inno alla Loggia nella quale (per usare il linguaggio muratorio) vide la luce, è del 1896, dieci anni dopo la propria iniziazione. Solo un anno su dieci Kipling trascorse, giovane Fratello, alla Hope and Perseverance, il dieci per cento, cioè della sua vita massonica. Ma evidentemente un dieci per cento così fondamentale, da ricordare quei suoi Fratelli con accenti di una grande nostalgia struggente che ancora oggi ci fa commuovere.
La Loggia Madre è una delle sue poesie più note ed è citatissima da tutti i massoni. Tanto citata, però, quanto non capita e incompresa, e proprio dai Liberi Muratori, da coloro, cioè, che più di altri, avrebbero gli strumenti per comprendere.
Guardiamoli questi Fratelli di Loggia, Fratelli del giovane Kipling e contemporaneamente, e per sempre, Fratelli nostri e di ogni Libero Muratore.
Dunque. Rundley, Beazeley, Ackman, Blake. Nomi inglesi.
Poi. Bola Nath, Saul, Din Mohammed, Babu Chuckerbutty, Amir Sing. Nomi indiani.
E ancora. Castro. Nome italiano.
E' certo una Loggia cosmopolita. Ma c'è di più.
Supponiamo gli inglesi protestanti, e l'italiano cattolico (cattolici e protestanti, gli uni contro gli altri armati, ma in Loggia no). E poi: induisti, musulmani, sikkh. Una miscela ieri come oggi esplosiva. Ma in Loggia no.
Ma andiamo avanti.
C'è il capostazione, l'impiegato delle Ferrovie, quello delle Prigioni, il sergente istruttore, il commerciante, il contabile, l'impiegato al Catasto, l'addetto delle Officine di riparazione.
Dunque: diversi per razza, per religione, per lavoro, per estrazione sociale. Difficile in una Loggia trovare Fratelli più diversi.
E come facevano - ci si può domandare - a stare assieme?
Ecco, qui sta il segreto della Massoneria. Segreto che, aggiungo polemicamente, sembra che tanti oggi abbiano dimenticato in certe Logge monotonamente uguali, di formazione religiosa monotonamente cattolica (anche se lo negano), monotonamente di razza bianca, monotonamente di certe professioni e non di altre. Logge monotone, dove però la monotonia sembra assurgere a regola.
Ma leggiamo il vecchio Kipling.
Non avevamo belle insegne,
E il nostro Tempio era vecchio e spoglio,
Ma conoscevamo gli antichi Landmarks,
E li osservavamo per filo e per segno.
Un Tempio vecchio e spoglio, scarno quasi nella sua semplicità, insegne non belle, ma - immagino - essenziali. Nessuna concessione alla vanità, ma ricerca della sostanza: conoscevamo gli antichi Landmarks, e li osservavamo per filo e per segno.
Vestiti semplici, quasi abiti da lavoro, non il prescritto (!?!) abito scuro o nero (tanto che in certi eventi se così non sei vestito, non ti fanno entrare!).
Mi colpisce un fatto. Al termine dei lavori stavano seduti a fumare e a parlare
Non osavamo fare banchetti
Per non violare la casta di un Fratello...
C'è una delicatezza profonda in queste parole. Costumi diversi, estrazioni diverse, religioni diverse, ognuno con le proprie caratteristiche e le proprie prescrizioni: chi non può mangiar carne, chi non può assumere bevande alcoliche, chi non può sedersi a tavola con caste inferiori, e così via. E allora cosa fanno ? Semplicemente stanno assieme a fumare e a parlare (magari oggi non fumerebbero nemmeno per non disturbare qualche Fratello).
Io lo vedo come il piacere di stare assieme, senza discutere, parlando ordinatamente uno dopo l'altro, in letizia. Una vicinanza che unisce e non divide, che fa capire come siano assurde le guerre sante contro l'infedele:
E guardando tutto ciò all'indietro,
Mi colpisce questo fatto,
Che non esiste qualcosa come un infedele,
Eccetto, forse, noi stessi.
Nei colloqui non si cercano i punti che dividono, ma quelli che uniscono. Non si mette quindi un Dio contro l'altro Dio, ma tutti parlano rifacendosi al Dio che meglio conoscevano. Divinità diverse o aspetti diversi dell'unico Dio? Non importa, ognuno ha un solido senso di religiosità che "descrive" e "interpreta" come i parametri che sente più confacenti a lui. E questo per loro è sufficiente.
Il senso della Loggia Madre è di uno struggimento commovente.
Il legame è forte. La Loggia Madre è unica, per tutta la vita massonica. Puoi cambiare Loggia, puoi cambiare Istituzione, puoi venire ri-iniziato per certe regole che all'una Istituzione non fanno riconoscere l'altra Istituzione, puoi entrare in Corpi Rituali ed avere altre iniziazioni o come si chiamano, ma la prima Loggia, la tua Loggia Madre, è sempre e solo quella, e non altre.
Il legame che si è costruito con quella è viscerale e lo avverti se i casi della vita ti portano a cambiare Loggia o se la tua Loggia da madre diventa matrigna (perché certi fratelli cambiano, altri ancora non ci sono più e nuovi fratelli sono entrati). Solo così avverti la profondità, la sacralità quasi del legame costruito in quella lontana tornata dove sei stato fatto Apprendista, e proprio lì, in quella particolare Loggia, e non altrove.
E se anni dopo ritornerai come visitatore ti renderai conto, anche se fisicamente i Fratelli di allora non ci sono più, che è rimasto il legame forte con la Loggia.









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