sabato 2 gennaio 2010

8.3.2.1 Noè

Nella tradizione ebraico-cristiana Noè è il patriarca che salvò i germi della natura dalla distruzione divina del diluvio detto universale.

Le cosiddette leggende dei gradi assumono in un percorso di interiorizzazione la funzione di stati da raggiungere, vere e proprie tappe che indicano una realtà autosufficiente (almeno per quella fase): compongono il nostro patrimonio comune dal quale attingere indicazioni programmatiche. Ecco allora perché ha senso richiamarsi ad una figura (mitica, allegorica o simbolica che sia ha poca importanza) che risale agli albori della nostra civiltà: Noè, l’uomo che naviga sulle acque. Figura tanto più fondamentale in quanto precede le suddivisioni del genere umano: in un certo senso (simbolico!) il gran fiume dell’Universo con Noè non si è ancora suddiviso nei rivoli delle singole tradizioni.

La tradizione della massoneria del legno deriva direttamente dal Rito Swedemborghiano [cfr. Michele Moramarco, Nuova Enciclopedia Massonica, Reggio Emilia, 1989, v. 1, pp. 375-6], un Rito sorto nell’Ottocento, che di Swedenborg aveva probabilmente solo il nome, ma nel quale non è difficile «leggere»… una tradizione di «massoneria del legno» [Moramarco, op. cit., p. 375).

Il richiamo al patriarca vetero-testamentario è quasi di prammatica per l’adepto del legno: chi meglio di Noè, il primo grande costruttore della storia sacra può rappresentare il costruttore del legno?

Non si può negare che agli occhi dei padri della tradizione del legno la figura di Noè sia stata accolta appunto come il biblico costruttore dell’arca e limitata entro questi limiti vetero-testamentari (certamente non ristretti, ma non universali) se pensiamo a Noè come il nuovo progenitore dell'umanità, contraente del nuovo patto con l'eternità.

Per ampliare il senso della figura di Noè è comunque opportuno non limitarsi ai testi canonici del vecchio testamento.

In Genesi 4 18 tra i discendenti di Caino viene menzionato Lamec [E Caino conobbe sua moglie, ed ella concepì e partorì Enok. Poi Caino costruì una città, a cui diede nome Enok, dal nome di suo figlio. E a Enok nacque Irad; Irad generò Mehujael; Mehujael generò Methusael; e Methusael generò Lamek. (Genesi 4 17-18)], che come altri discendenti di Caino prese due mogli: Ada e Silla (o Tsillah o Zilla). Da Ada ebbe Iabal, padre di quelli che abitano sotto le tende e allevano il bestiame, e Iubal, padre di tutti quelli che suonano la cetra e il flauto.

Silla partorì Tubalcain, l'artefice di ogni sorta di strumenti di bronzo e di ferro.

Poi Lamec disse alle sue mogli:
«Ada e Silla ascoltate la mia voce;
mogli di Lamec, fate attenzione alle mie parole!
Si, io ho ucciso un uomo per una ferita,
e un giovane per un’ammaccatura.
Se Caino sarà vendicato sette volte,
Lamec lo sarà settanta volte sette».

(Genesi 4 23-24)

Il testo di Genesi qui non è molto chiaro La Bibbia concordata commenta in nota: Il canto di Lamec è un antichissimo esempio di poesia, non basata su leggi metriche, ma sul parallelismo. E’ in tre distici che spirano prepotenza e sfida contro Dio e contro gli uomini. Non è la legge del taglione (Es 21 23-26), ma una vendetta senza legge.

Alla luce di antiche leggende non riportate dal testo canonico può invece scaturire qualche chiarimento.

Infatti si narra che Lamec, accanito cacciatore, ma ormai vecchio e cieco, si facesse accompagnare nella caccia da Tubalcain, che gli aggiustava la mira dell’arco. Per errore uccisero un uomo col corno sulla fronte (l’avo Caino) e per l’agitazione a Lamec sfuggì un’altra freccia che uccise Tubalcain. I lamenti riportati in Genesi possono venir tradotti anche: «Ho ucciso un uomo per la mia sventura e un giovane per il mio dolore». A queste parole la terra si aprì e inghiottì tutti i parenti di Caino, tranne Enoch.

Quella notte Ada e Silla non vollero giacere col marito, ma vi furono costrette dal giudizio di Adamo (ancora in vita) cui erano ricorsi. Silla partorì Noè, che nacque già circonciso. Alla nascita di Noè morì Adamo.

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