SQUADRA
E’ formata da due bracci ad angolo retto. Può indicare con l'angolo retto, la ragione, il rapporto1 tra le cose. Si dice comunemente che i due bracci indicano l’attivo e il passivo, ma per parte mia ritengo più pertinente individuare in essi due modalità operative: la modalità attiva e la modalità passiva (due modi diversi di operare, cioè una specie di attività attiva e di attività passiva).
COMPASSO
Il compasso, dall'apertura variabile, specifica la potenza della intuizione; puntato sul proprio centro individua l'apertura delle proprie capacità interiori. Non indica la contrapposizione ragione - non ragione, ma le diverse modalità di lavoro, predominando a volte l’esame razionale (ma temperato dalle facoltà non razionali), a volte le facoltà intuitive (moderate dalla presenza della ragione).
Riferire l’intuizione al compasso, ad uno strumento cioè non fisso, ma variabile, indica le diverse modalità di “intuire” (non tutti gli uomini “intuiscono” nello stesso modo, e nemmeno lo stesso uomo “intuisce” in modo analogo in diversi tempi). Dunque l’atto intuitivo è indipendente dai vari uomini, linguaggi e costumi., ma di questi si serve per venire espresso. Come si serve soprattutto della simbolica del proprio contesto religioso. E’ quello che indica Scholem quando si chiede:
Perché un mistico cristiano vede continuamente visioni cristiane e non quelle di un buddhista? Perché un buddhista vede i personaggi del proprio pantheon, e non, per esempio, Gesù o la Madonna? Perché un cabbalista sulla via di illuminazione incontra il profeta Elia, e non qualche personaggio di un mondo estraneo?Scholem risponde:
Naturalmente la risposta è che l’espressione delle loro esperienze viene immediatamente tradotta in simboli tradizionali del proprio mondo, anche se gli oggetti di questa esperienza in fondo sono identici, e non radicalmente diversi, come amano supporre alcuni studiosi del misticismo, soprattutto di parte cattolica.[Gershom Scholem, La Kabbalah e il suo simbolismo, Torino, 1980, P.21].
L’atto intuitivo è insomma pre-culturale, non in contrapposizione con le singole culture. La cultura, la fede, l’ideologia successivamente rielaborano l’esperienza intuitiva inserendola nel contesto formativo della persona.
SQUADRA E COMPASSO
Qui credo stia lo zoccolo duro del lavoro muratorio. Non è possibile sezionare l’uomo e far sì che la sua attività sia suddivisa in fasi completamente razionali e in fasi completamente intuitive e non può essere produttivo il lavoro svolto solo con la squadra o solo col compasso.
Squadra e compasso vanno usate insieme e armonicamente, cioè con la consapevolezza che a volte sarà predominante l’una e a volte l’altra, ma senza che l’una sia contro l’altra oppure priva dell’altra. Così non credo corretto sostenere che i tre gradi di Apprendista, Compagno e Maestro siano uno sequenzialmente sottoposto all’altro, ma per mia esperienza riconosco che la metodologia specifica di un grado è profondamente intrecciata nel lavoro interiore a quella degli altri in un intrico armonico (vero e proprio nodo d’amore personale) nel quale spesso fatico a distinguere le peculiarità dell’uno o dell’altro. Forse tale incapacità dipende da una mia confusione mentale oppure è segno di un qualche superamento di alcuni opposti, ma credo che l’indicazione forte del lavoro muratorio consista nel sapere prima individuare le componenti della propria attività, quindi riuscire ad armonizzarle interiormente in modo da amplificare le risultanze del lavoro comune.
Credo che da qui possa risalire l’uso di porre squadra e compasso con aperture diverse a seconda del grado in cui si lavora.
MAGLIETTO E SCALPELLO
Il mazzuolo o maglietto (francesismo da maillet, diminutivo del francese mail, dal tardo latino mallius, latino classico malleus, derivante da manu leus = martello, propr. che è simile a mano chiusa a pugno) è il martello del muratore, strumento attivo legato nell’uso allo strumento scalpello, passivo, che tuttavia modifica direttamente la pietra trasmettendole la forza del maglietto.
Lo immagino nato dall’utensile costruito dall’antenato primitivo: un sasso legato a un bastone corto.
Dal “prototipo” sono nate due grandi “famiglie”, quella dei martelli e quella delle asce: queste ultime con una testa piatta e affilata, mentre i primi con una testa “battente”.
La famiglia dei martelli a sua volta si è suddivisa in grandi “filoni”, a seconda del materiale sul quale l’utensile deve operare: pietra, legno o ferro.
Il martello da pietra (tipico il mazzuolo del muratore) è diverso dal martello da falegname, che a sua volta è diverso dal martello del fabbro. Così il martello dello scultore è diverso dal martello di chi scolpisce il legno.
Il maglietto può essere di ferro, di legno, di metallo o altro materiale, così come esiste la massoneria della pietra, del legno e del ferro. Può ancora essere di varie forme e fogge, legate ognuna ad un particolare utilizzo (la martellina, il martelletto, il mazzuolo, ecc.). Nelle mani del Maestro Venerabile il maglietto (senza scalpello) assume il senso di guida sottolineando l’aspetto di volontà di ricerca dentro noi stessi e la maturità e abilità che il Maestro di Loggia deve avere conquistato. Ma l’uso del mazzuolo da solo può essere distruttivo e non riesce ad incidere la pietra nelle forme dovute. Lo strumento che permette al colpo di mazzuolo di trasformare la brutalità della forza in azione incisiva atta a procedere anche ad operazioni delicate (trasformare – in linguaggio muratorio – la pietra da grezza a squadrata) è lo scalpello.
Maglietto: forza di volontà, scalpello bellezza del discernimento.
Maglietto e scalpello quindi possono essere intesi come due aspetti metodologici della stessa attività.
FILO A PIOMBO E LIVELLA
Sono due strumenti in un certo senso uguali e diversi: “uguali” perché entrambi individuano una direzione ben precisa nello spazio di lavoro, “diversi” perché le direzioni sono distinte e in un certo senso “opposte” (se non spazialmente, certo spiritualmente).
La livella individua l’orizzontale e il filo a piombo la verticale: sono le due direzioni dello spazio che servono ad orientare l’operaio nel suo lavoro. Da una parte la direzione alto/basso, zenith/nadir (o viceversa); dall’altra la direzione destra/sinistra, avanti/dietro (o viceversa). In un certo senso sono strumenti che “precedono” la squadra, perché possono indicare sì l’angolo retto, ma solo quello formato con le direzioni dello spazio nel punto nel quale mi trovo, mentre la squadra può “provare” qualunque angolo retto.
Per me sono strumenti tipici del libero muratore; individuano l’uguaglianza degli operai (livella) entro la quale si manifestano le differenze delle singole individualità (filo a piombo).
L’uso congiunto di livella e filo a piombo indica l’incrocio della verticale con l’orizzontale e porta immediatamente alla quadripartizione.
Oggi il muratore ha a disposizione strumenti anche raffinati e tecnologici: per controllare i livelli e le quote usa livelle a bolla o digitali (non più a filo come nel passato). Ma per il controllo finale della verticalità ancora oggi il muratore usa il filo a piombo, come strumento che suggella l'opera eseguita.
REGOLO
E' uno strumento strutturalmente diverso dai precedenti, perché applica la nozione di misura. Misurare significa determinare quante volte una certa grandezza (unità di misura) “sta” in un’altra grandezza (quella appunto da misurare). Mentre gli strumenti precedenti avevano una valenza costruttiva (squadrare) oppure determinativa (trovare una certa direzione o un particolare punto), il regolo presenta invece una funzione comparativa e per così dire “normativa” (paragonare qualcosa a una grandezza tipica): determinare il se e il come una certa grandezza tipica (l’unità) è contenuta nella grandezza da “misurare”. Dal come ha origine la quantità che informa il lavoro, dal se scaturisce la norma e la regola che dispongono il lavoro. Fin qui il compagno: ora deve imparare e applicare la norma, più avanti imparerà anche che le regole vanno superate e sostituite con altre regole.
A me oggi fa pensare immediatamente alla “unità di misura” che è in me e alla determinazione di “quante volte” è contenuta (se lo è) in me.
CAZZUOLA
E’ strumento che mi sconcerta. Infatti è il più tipicamente “muratorio”, ma la sua presenza nel lavoro rituale è pressoché nulla e si limita solo ad alcuni cenni, quasi fosse un utensile trascurabile.
Eppure “a pelle” ho sempre avvertito la sua importanza e mi sono sempre chiesto per quale motivo la sua funzione venga trascurata e minimizzata.
Ho successivamente letto in Bizzarri una ipotesi significativa, che fa risalire il disuso della cazzuola all’ingresso degli speculativi e in particola modo di aristocratici, che avrebbero sostituito lo strumento caratteristicamente operativo con la spada, tipicamente aristocratica e cavalleresca:
Fino ancora agli inizi del 1700 la cazzuola era utilizzata nel corso delle iniziazioni; in un rituale inglese del 1726 il recipiendario deve tenere in mano il martello con la sinistra e la cazzuola con la destra: vi viene del resto specificato che la cazzuola unisce ciò che il martello divide.[Mariano Bizzarri, Cavalieri e Massoni, in www.zen-it.com]
Io ho dato due risposte, ma non so fino a qual punto possano essere attendibili.
Da una parte la cazzuola è strumento tipico del muratore e appunto per questo non poteva essere pienamente compresa da chi muratore effettivo non è mai stato (il cosiddetto accettato) e men che mai da appartenenti all’aristocrazia e all’alta borghesia britannica che disdegnavano il lavoro manuale.
Dall’altra, in una visione muratoria prettamente moraleggiante non poteva che essere accolto l’aspetto di strumento per mescolare la calcina, “collante” per unire pietra a pietra e quindi segno distintivo della fratellanza. Punto e basta.
Sono posizioni che mi hanno sempre lasciato insoddisfatto.
Ho allora seguito un’altra strada e ho sfruttato la possibilità di osservare un muratore al lavoro.
Le tecniche costruttive odierne e i materiali che si usano attualmente sono diversi da quelli degli antichi muratori. Oggi si usano prodotti da una parte estremamente resistenti e dall’altra molto duttili e facilmente manipolabili. La funzione degli utensili però non è cambiata gran che, ma solo si è per così dire “aggiornata”. Ebbene, la cazzuola è strumento ancora oggi praticamente indispensabile per la manipolazione.
L’uso di spalmare la calcina è quindi un uso ancora importante, ma è solo uno dei tanti… Può servire a piccoli aggiustamenti di posizione delle pietre (aggiustamenti di precisione), a piccole modifiche delle forme per pietre meno dure (la lama della cazzuola riesce a scalfire e a scheggiare). Nell’uso dei nuovi materiali (non più pietre e nemmeno mattoni pieni, bensì mattoni forati, detti in gergo foratoni) la cazzuola viene utilizzata anche come strumento per spezzarli e adattarli alle esigenze del muro. La cazzuola è indispensabile per preparare la calcina o il cemento, miscelando le varie componenti e servendo anche come unità di misura (esempio: una cazzuolata di sabbia, due cazzuolate di ghiaino).
In sintesi per il muratore la cazzuola non è uno, ma è lo strumento. Anzi, più che uno strumento, è quasi un terzo arto. Ecco, la cazzuola è la terza mano del muratore.
In conclusione: la giustificazione morale della cazzuola come strumento che unisce ciò che il martello separa è sicuramente ancora oggi valida, ma come tutte le interpretazioni morali è riduttiva. Vi sono altre chiavi di lettura suggerite dall’uso dell’utensile, che presenta aspetti attivi e passivi, vera sintesi muratoria dell’operativo.
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