Compare ad oriente del Tempio come componente del cosiddetto Trinomio: libertà, uguaglianza, fratellanza.
Anche se risulta elemento non tradizionale, ma inserito surrettiziamente nel Settecento, può essere coerente con un metodo di lavoro muratorio.
Intanto i massoni si chiamano fratelli, con evidente riferimento all’essere l’Istituzione sostanzialmente diversa da altri circoli o associazioni. Spesso gli organi di informazione parlano di “popolo della notte” per indicare coloro che hanno in comune la voglia di divertirsi il sabato sera (notte), “popolo del calcio” per indicare chi è tifoso di squadre di calcio, e così via. Mi sembra una evidente forzatura semantica. A mio parere “popolo” andrebbe attribuito a coloro che hanno un ideale in comune (che non può essere la squadra di calcio o la discoteca), quasi una patria spirituale. In questa accezione invece risulta corretto parlare di “popolo massonico”.
Anche qui però vi sono diversi piani operativi e di interpretazione, dal “vogliamoci bene” alla comunanza di ideali, dalla unione di intenti alle comunità spirituali.
Molti, troppi, si appagano di un vago senso di bontà (o buonismo?): tra di noi stiamo bene, ci sentiamo uniti.
Se esaminiamo la composizione sociale dei massoni di oggi notiamo una prevalenza di ceto medio: è dunque ben facile per costoro sentirsi fratelli e tollerare il vicino.
Probabilmente è meno facile sentirsi fratello con chi è troppo diverso da te, anche come ceto sociale: quanti operai abbiamo incontrato in loggia? Io in più di trent’anni uno solo, e solo per poco tempo. Nel passato furono massoni artigiani e botteganti: quanti artigiani abbiamo incontrato in loggia? Io, nessuno.
E non si dica che dipende dal fatto che l’operaio e l’artigiano hanno interessi materiali mentre il libero professionista no (e quei professionisti non so quanto liberi che sono entrati in vista di contatti umani “interessanti”?).
Il senso della fratellanza va oltre il ceto sociale, ma non in un afflato quasi mistico che sente di abbracciare tutto e tutti, come in una religione.
Il fratello non abbraccia il fratello; oppure, può anche farlo, ma dopo aver lavorato su sé stesso in modo da essere fratello con l’altro, che ha contemporaneamente eseguito lo stesso tipo di lavoro. Io non mi sento fratello sic et simpliciter, ma lo divento.
Così alcune pietre poste una accanto all’altra formano semplicemente un mucchio di pietre. Le pietre possono costruire un muro solido solo se sono unite da una calcina ben dosata e ben mescolata. E allora, cari fratelli, dosiamo questa calcina, e mescoliamola a regola d'arte. Vi accorgerete come sia spossante il lavoro di schiena per mescolare con il badile e stremante il lavoro di polsi e di braccia per impastare con la cazzuola e spalmare la calcina tra pietra e pietra!
La fratellanza non è sentirsi più buoni (io credo che la nozione di bontà non appartenga alla muratoria). La fratellanza è fatica, è impegno con se stessi, è modificarsi. E' schiantarsi le ossa per cambiarsi e quindi stimolare il fratello.
Ma vallo a dire ai nostri fratelli!
Le mie scabrosità devono essere ridotte e reimpostate: solo così, assieme alle tue scabrosità e ai tuoi difetti (compatibili con i miei) possiamo costruire qualcosa di solido: un muro reale, terrestre, robusto, un muro “sanguigno”, immagine del muro interiore.
Questa è la fratellanza.
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