A mio parere il termine credente nel senso religioso viene usato da aderenti a una religione oppure non aderenti che comunque ammettono l’esistenza di un principio trascendente. Cerco di spiegarmi.
Mi sembra che oggi (specialmente in Italia) si confondano i termini credente con religioso e magari cattolico, e ateo con non credente e non religioso e quindi non cattolico.
NOTA. Anni fa il mensile "Liberal" pubblicò un confronto tra cattolici e laici, principalmente tra Umberto Eco e il cardinal Martini che per qualche mese si scambiarono un epistolario su fede e morale. Il titolo era In cosa crede chi non crede? E ancora molti anni fa un pamphlet di Giovanni Ferrara Apologia dell'uomo laico faceva coincidere il termine laico con ateo (nel senso di "senza richiami al trascendente"). Comunque anche il termine “laico” assume nel contesto odierno quotidiano un significato (non cattolico) diverso dall’etimo (non chierico, non membro di ordine religioso).[Quegli articoli furono poi raccolti in: Carlo Maria Martini, Umberto Eco, In cosa crede chi non crede?, Roma, 1996.
Giovanni Ferrara, Apologia dell'uomo laico, Milano, 1983].
La coppia alternativa viene quindi individuata in genere tra credente e ateo o tra cristiano e non credente.
E il credente non religioso? Oppure il non credente religioso?
A mio parere l'unica via di uscita dal dilemma (per me falso) è il Grande Architetto, simbolo magno della massoneria; ma, appunto, simbolo e niente altro: non simbolo della divinità o peggio ancora simbolo della rivelazione divina.
Contestualizzando i termini all’epoca storica, ritengo che per ateo non possiamo più intendere ciò che intendeva Anderson, ma qualcosa d'altro, non necessariamente irreligioso o persona chiusa verso certe esigenze.
Non avrei invece dubbi sulla riprovazione (e quindi l'improponibilità muratoria) di chi formatosi alla cultura del vuoto non ha aspirazioni oltre la quotidianità e non si è posto nemmeno il problema. Ecco, la mancanza più grave è proprio questa: non porsi la domanda. Per non avere posto la domanda Perceval, che aveva pure raggiunto la meta, fu allontanato dal castello del Re Pescatore. Non porsi la domanda significa non cercare la risposta. L'ateo ha cercato, il nichilista no (considerando il termine nell’accezione comune di chi si collega appunto alla cultura del vuoto intesa come priva di valori e di ispirazioni e non, per esempio, nel senso nietzschiano).
E poi: chi ci può assicurare che l'ateo non abbia effettivamente trovato?
Io rifiuto i termini ateo, credente, non credente: sono parole che pretendono di definire qualcosa che per definizione non può essere definito. Come può qualcuno permettersi di chiamarmi non credente? Oppure credente?
Io non sono né credente, né non credente; non sono né cattolico, né non cattolico; non sono né religioso, né ateo. Semplicemente cerco di essere al di sopra del contrasto, al di sopra del binario. Voglio camminare sul bianco e nero, non sul bianco oppure sul nero.
E non ho bisogno di intermediari. Tanti anni fa, giovane apprendista (ora sono un apprendista vecchio!), ho incontrato un maestro (ma lui non voleva essere chiamato così). Mi fece capire di essere una specie di ostetrico spirituale: poi avrei dovuto camminare con le mie gambe. Sì, era proprio un maestro, appunto per questo. E da allora ho sempre cercato di camminare con le mie gambe, ascoltando tutti e decidendo da solo.
Infatti uno dei rischi maggiori per chi intende dedicarsi al lavoro interiore è la mentalità dell’ipse dixit, che - se ha procurato danni nel percorso conoscitivo scientifico- è disastrosa nel campo spirituale. I risultati di altri sono apprezzabili e debbono essere stimoli alla nostra ricerca, ma non possono essere assunti come mete definitive. Il maestro ha raggiunto un suo risultato, che ti propone come spunto di riflessione, non come verità. Ecco tutta la valenza del termine ostetrico.
Nel cammino posso incontrare amici, nemici, compagni di strada. Percorriamo qualche tratto insieme, poi le nostre strade sembrano dividerci (però, chissà?, più avanti potrebbero incrociarsi di nuovo). Cammino. Inciampo, cado, ma cerco di rialzarmi e di continuare il viaggio.
Probabilmente l’ateismo è una forma di religiosità diversa dalla religione. E certamente tra fede religiosa e ricerca spirituale c'è la stessa differenza che esiste tra essoterismo ed esoterismo. I grandi iniziati fondano le religioni e in un certo senso le "consegnano" agli organizzatori che ne costruiscono le strutture. Queste spesso diventano centri di potere (penso al binomio trono e altare, sempre intrecciati nella storia) che per la piena diffusione debbono usare miti, leggende, parabole e storie edificanti. Chi non si accontenta e vuole andare oltre, specialmente se non accetta che la ricerca venga svolta solo entro i binari prefissati dalla struttura religiosa, viene in genere o accolto – a fatica – entro la struttura (come Francesco di Assisi o Galileo Galilei Oppure, ultimo esempio, padre Pio, osteggiato in vita dalla gerarchia e portato alla gloria degli altari, sempre dalla gerarchia, dopo la morte) se la sua figura non è in contrasto con la struttura o respinto ed escluso (come Gioacchino da Fiore e Giordano Bruno) in caso di inconciliabilità.
Credo che l'ateo possa essere un ricercatore nel dolore e nella solitudine, se non altro perché respinge l'afflato consolatorio e salvifico che può avere una religione (e non è poco!).
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