sabato 12 settembre 2009

3.6 La Massoneria e la donna

Nel mio peregrinare1 in logge e riti e nella frequentazione di mailing-list muratorie interobbedienzali, ho avuto modo di riflettere sull’argomento, di arricchirmi di esperienze significative e cogliere spunti stimolanti.

In questo mio itinerario ho partecipato a lavori comuni tra maschi e femmine sia in ambito massonico che martinista. Non mi dilungo sul martinismo se non osservando che “lavoro comune” vi appare quasi come contraddizione in termini.

Sul lavoro massonico invece espongo alcuni punti che ritengo oggi (domani non so) conclusivi.

Intanto la Massoneria come noi oggi la conosciamo e pratichiamo, organizzata in logge e comunioni, è un prodotto del settecento inglese. Valida per quel tempo e per quei fratelli che l'hanno praticata, la stessa forma organizzativa2 è efficace anche per l'uomo del duemila?

Osservo preliminarmente comunque che non solo la forma organizzativa, ma anche il linguaggio simbolico può essere ispirato dalle contingenze spaziali e temporali. Certe caratteristiche sono proprie di una cultura o addirittura di una lingua. Mare in italiano è sostantivo maschile e in francese invece femminile. In tedesco ed in arabo, solo per esempio, luna è maschile mentre sole è femminile.
Altri simboli assumono valenze diverse a seconda dei popoli contestualizzanti. Così, per esempio, il simbolo del sole può essere di vita per popoli dell'area temperata o nordica e di morte per popoli di aree tropicali o desertiche.


Io non ho la risposta, e non mi sento di esprimere una opinione acriticamente positiva: probabilmente anche la massoneria oppure la sua organizzazione è legata al tempo, e come tale deve evolversi e cambiare.

Questa premessa mi permette di ritenere non impossibile una massoneria femminile, anche se i rituali delle singole obbedienze (generalmente - per quanto ne so - più o meno simili per origini comuni) non mi sembrano appropriati al mondo femminile e andrebbero probabilmente "rivisti". Mi spiego: mi pare che alcuni simboli e strumenti siano più adeguati per il maschile che per il femminile, ma forse questa mia opinione può essere un pregiudizio di qusi quarant'anni di attività in una massoneria maschile.

Innanzi tutto uomo e donna (meglio Uomo e Donna) nell’uguaglianza umana sono diversi.

Non voglio addentrarmi tra solarità e lunarità, tra polarità positive e negative (eppure i termini tradizionali conteranno pur qualcosa!), ma anche ad un esame superficiale intuizione e ragione caratterizzano diversamente il maschile e il femminile. Il terreno può sembrare minato, ma non fermiamoci alle apparenze e ai falsi egualitarismi (spesso mascherano il conformismo).

E’ sicuramente diverso l’approccio dell’uomo e della donna verso il mondo. Ed è diverso quindi anche il loro metodo di indagine e lavoro.

Si dice che il metodo muratorio sia prettamente maschile. Sì, certamente da lì siamo partiti, da un mestiere che anticamente era praticato da uomini. Ma un metodo di ricerca e miglioramento non ha sesso, quindi non credo in una esclusione necessaria delle donne (eppure questa è condizione essenziale che alcune Obbedienze pongono per i riconoscimenti reciproci).

Io personalmente faccio fatica a vedere una donna con la spada in mano, ma può essere un mio condizionamento, una specie di imprinting massonico dal quale ho ancora difficoltà a liberarmi (non della muratorietà, ma di alcune sue interpretazioni non necessariamente universali).

Ricordo ancora la prima volta che ascoltai una donna massone: era appena stata fatta maestra e lamentava che molti della sua Obbedienza non capivano il senso del rito di iniziazione al terzo grado. Era esattamente la medesima critica che io stesso facevo ai “miei”. E quell’esigenza di chiarezza e di impegno personale ci unì subito al di là delle Obbedienze. Probabilmente qui sta l’universalità della Libera Muratoria, al di là delle singole interpretazioni.

La differenza tra uomo e donna anche nel praticare lo stesso metodo porta – credo – a un diverso “spessore” dei lavori (scusatemi i termini ma non riesco ad essere più chiaro). Ho partecipato ad alcuni lavori in logge femminili (addirittura una volta ricoprii l’incarico di quello che è il Secondo Sorvegliante). Ebbene non so se sia dipeso da quelle particolari logge o dall’essere logge femminili o dall’essere io in quelle occasioni particolarmente “sensibile”, ma ricordo che i lavori “volavano alto” e che io faticavo a “mantenermi in quota”. Alcuni fratelli presenti provarono e mie stesse sensazioni.

Da allora ho concluso (ma ben inteso è mia opinione personale) che sia opportuno non prevedere sistematicamente lavori “misti” tra uomini e donne: la donna è molto più dell'uomo in grado di lavorare su piani oltre il razionale o almeno vi riesce con meno difficoltà dell'uomo. Quest’ultimo a sua volta può facilmente squilibrarsi se deve, senza una preparazione opportuna, dare al non razionale più spazio di quanto comunemente può accadere in lavori esclusivamente maschil. Credo che se la Loggia femminile lavora “alto”, l'uomo possa parteciparvi solo se "ben temprato"...

Sono convinto che la separazione tra lavori maschili e femminili sia più utile come difesa del maschio che come allontanamento della donna. Troppo spesso nelle difficoltà l’uomo ha la tentazione del “macho” ed è un retaggio culturale difficile da eliminare. Gli uomini si combattono e hanno paura gli uni degli altri perché non si conoscono, diceva il fratello Silvio Pellico, e io aggiungo: anche perché non conoscono se stessi.

Non tutti gli uomini sono pronti e in grado di lavorare nel Tempio con donne. Anche se i lavori di loggia ormai troppo spesso “volano basso”, ho purtroppo visto nel tempo che qualche fratello si è “turbato” e non sempre ha mantenuto il proprio equilibrio. Mi domando che sarebbe successo a lui o ad altri in caso di lavori “misti”.

Al più si possono prevedere lavori comuni in talune occasioni e non per tutti i fratelli.

Nessun commento: