E’ fin troppo facile dedurre che il pavimento a scacchi mostra quasi la legge del binario che permea il mondo nel quale l’uomo vive.
Nel tempio la legge del binario viene posta in risalto anche da altri simboli: le due colonne, i due strumenti (squadra e compasso) posti sul libro della legge (a indicare che la legge è sì universale, ma va interpretata dall’uomo con le sue caratteristiche: appunto ragione e intuizione?).
E’ anche molto ovvio e forse – polemicamente – troppo libresco avanzare le varie interpretazioni possibili, dalla contrapposizione di bene e male, giorno e notte, luce e tenebre, maschile e femminile, e così via.
Più modestamente mi limito ad osservare che la legge del binario, oltre che a modalità del mondo fisico, nel quale viviamo, è pure il punto di partenza che spinse l’ominide ad alzarsi nella posizione eretta e a prendere coscienza delle grandi differenze tra io e il resto, che ancora oggi è probabilmente la prima consapevolezza del neo-nato.
Per quanto mi riguarda, sperimentai il binario in un sogno di molti anni fa.
Sognai di una tortora che viveva libera nel mio appartamento. Un giorno scomparve e ne acquistai un'altra. Mi accorsi ben presto, però, che quest’ultima era un uccello "cattivo", che mi beccava continuamente.
Un giorno improvvisamente ricomparve l'altra tortora, con una brutta ferita nel collo. Probabilmente, poiché era un uccello sostanzialmente “buono” e niente affatto intimorita dagli estranei, era stata catturata e si era ferita nel tentativo di fuggire. La tortora “buona” in seguito scomparve nuovamente e rimase con me l'altra, la “cattiva”, che - sapevo - non si sarebbe mai allontanata e sarebbe stata sempre pronta ad accorrere ai miei richiami, anche se solo per beccarmi.
Quale il significato del sogno? Forse la consapevolezza dell'esistenza in me di un dilemma convenzionalmente identificato in “bene” e “male”. L’accettazione finale “passiva” può forse significare che la soluzione non si trova scegliendo una tortora invece dell'altra, bensì cercando una diversa posizione di sintesi, intermedia e mediatrice dei due antagonismi.
Sul pavimento l’uomo che vuole realizzarsi, e che per questo si cerca, cammina.
Dunque la legge del binario è modalità costruttiva e non costrittiva.
Ma l’uomo deve anche avere la consapevolezza che tutte le leggi del mondo manifestato vanno superate e non debbono venire interpretate come assolute, altrimenti si costruiscono gabbie limitative: la costruzione infatti se inizialmente aiuta e protegge, nel prosieguo del cammino diventa (può diventare) una prigione. Così anche il binario deve, dovrà essere superato.
L’uomo che vuole liberarsi deve avere coscienza della dualità. Per esempio nella religione cristiana potrebbe esistere Gesù senza il Padre? Simbolicamente Gesù può indicare l’uomo che vuole liberarsi, che vuole “comprendere” il Padre che è in lui. Come lo comprende, lo compenetra ed esce dalla dualità e dal manifestato (dalla croce degli elementi).
Il superamento del binario non avviene a scapito di una delle due alternative, ma superando l’alternativa stessa in una sintesi superiore.
Non è possibile indicare come il superamento avverrà perché il processo esula dal campo della ragione e quindi non è possibile farne una descrizione particolareggiata, ma indico comunque la caratteristica essenziale che i contrari sono entrambi da superare in una sintesi superiore: non – quindi – la prevalenza dell’uno a scapito dell’altro.
Riporto un passo di Oldenberg riguardo la conversazione della monaca buddhista Kema con re Pasenadi. La monaca conclude con queste parole.
Il Perfetto, o gran re, è liberato dal vedere il suo essere misurabile con le misure del mondo corporeo: egli è profondo, immensurabile, insondabile come il grande Oceano. Che il Perfetto esista al di là della morte, questo non è esatto; che il Perfetto non esista al di là della morte, neppur questo è esatto; che il Perfetto nello stesso tempo esista e non esista al di là della morte, neppur questo è esatto; che il Perfetto né esista né non esista al di là della morte, neppur questo è esatto.[Hermann Oldenberg, Budda, Milano, 1937, p. 308].
Qui probabilmente è colto il punto focale del problema.
L’uomo occidentale di inizio millennio è sicuramente ipertrofico per quanto riguarda il lato della ragione, ma inadeguato sul lato non razionale. Generalmente non usa in modo costruttivo le componenti non razionali, ma se ne fa sorprendere come sorgente di passioni, anche furiose, per lo più trasformate a livello di volontà di potenza (meglio: onnipotenza; meglio: onnipotenza impotente e frustrata): fornisce quindi nuovo combustibile alla iper-razionalità, anche se distorta, in un perverso groviglio senza uscita, magari trovando fasulli sbocchi in scoppi deflagranti o annichilenti, in patologie dolorose (depressioni, psicosi,…) o in rifugi repressivi iper-razionali o in valvole di sfogo religiose o para-religiose.
L’uomo oggi ragiona secondo gli schemi della logica aristotelica (una cosa o è o non è). Può al più passare alla logica probabilistica (una cosa o è o non è o è possibile in varia misura) o addirittura a quella modale (una cosa o è o non è o è possibile che sia o non/sia o è necessario che sia o non/sia): rimane sempre entro i binari della logica.
La conclusione di Kema (non è vero che il Perfetto esista dopo la morte; non è vero che non esista; non è vero che insieme esista e non esista; non è vera l’ultima affermazione – cioè non è vero che non sia vero che insieme esista e non esista) cozza invece contro la logica che usiamo quotidianamente.
A volte la logica riesce a superare le contraddizioni che ha creato (penso all’antinomia del mentitore, del barbiere), ma esistono problemi che non riesce a risolvere.
Antinomia del mentitore. Io dico: io mento. Se dico il vero allora è vero che mento e quindi dico il falso. Se dico il falso allora è falso che io menta e quindi dico il vero.
Antinomia del barbiere. Se il barbiere del villaggio è colui che rade chi non si rade da solo, allora chi rade il barbiere? Se il barbiere si rade da solo allora lui non può essere il barbiere (che rade chi non si rade da solo). Se non si rade da solo allora si fa radere dal barbiere, cioè deve radersi da solo.
La soluzione logica delle due antinomie riguarda il divieto di mescolare diversi livelli semantici del linguaggio. Io non posso fare valutazioni semantiche su ciò che sto dicendo nello stesso momento e non posso definire il barbiere in tal modo.
Una decisiva (drammatica per l’uomo) limitazione dei poteri della ragione sta nella impossibilità di dimostrazione dell’esistenza di Dio.
Fino ad oggi qualunque dimostrazione di esistenza di ciò che l’uomo chiama Dio è sempre fallita per evidenti e a tutt’oggi ineliminabili errori logici. La conclusione cui si è giunti è la impossibilità della dimostrazione dell’esistenza di un principio trascendente (di qualunque dio). Credo che infatti la ragione abbia in sé una intrinseca impossibilità nel raggiungere un tale risultato, giungendo qui a toccare uno dei suoi limiti.
Ma non si deve intendere la situazione come una sconfitta dell’uomo, anzi – al contrario – può forse essere una delle maggiori conquiste moderne.
Il divino non è un concetto che possa essere dimostrato razionalmente, ma esperienza che l’uomo deve provare e sentire (e in questo senso può sperimentare anche il non-dio, cioè l’assenza di dio: credenza in dio e credenza in non-dio sono due aspetti della stessa medaglia), aspetti contrapposti e contrastanti che il camminatore dovrà superare. Il tentativo invece di “dimostrare” l’esistenza di dio non è che un altro aspetto della volontà di onnipotenza dell’uomo occidentale e della sua razionalità ipertrofica e non equilibrata.
In metafora, il viaggiatore che trova la strada sbarrata da un muro, può aggirare l’ostacolo o trovare varchi nel muro (la logica risolve la contraddizione). Se non esistono varchi e vuole proseguire il cammino deve allora scavalcare il muro, mettere, per così dire, le ali. L’uomo cioè deve affidarsi ad altri strumenti (intuito, immaginazione, fantasia,…): la logica non è più uno strumento adeguato.
Altra metafora: il muratore ha a disposizione strumenti diversi, ognuno con una funzione particolare: non può usare uno strumento per un utilizzo diverso da quello per il quale è adatto (fuor di metafora: non può sgrossare la pietra con il regolo). Ma non per questo rifiuta il regolo, bensì lo utilizza per gli usi propri.
Così l’uomo non deve rifiutare la logica, bensì usarla per gli scopi appropriati: del resto non è proprio mediante la logica che ha raggiunto le conquiste del pensiero contemporaneo, non ultima la certezza di non possedere certezze?
[Certezza è proprio di una verità dimostrata. Non può essere pertinente alla verità intuita, non nel senso che questa è meno vera di quella, ma nel senso che questa, intuita da me, è vera per me, ora, indipendentemente da dimostrazioni logiche. In ultima analisi: io so di non sapere].Tutte le “verità” di fede o intuitive che l’uomo ha raggiunto non sono (non possono essere!) verità definitive, ma conquiste temporanee, scalini di una grande scala, utili a raggiungere gli scalini successivi non la cima della scala. Infatti la chiave per raggiungere la meta successiva si chiama evidenza.
Si badi a non confondere l’evidenza delle cose con il buon senso comune. Credo che il buon senso comune non possa mettere se stesso a criterio di conoscenza. Se ammettiamo il buon senso comune come paradigma gnoseologico (e quindi anche normativo) siamo sulla buona strada per giustificare anche tutte le azioni passionali e isteriche (come primo esempio ricordo i processi alle streghe dove il buon senso comune ha istigato e giustificato ogni infamia da parte del popolino, dei giudici e degli ecclesiastici).
L’evidenza delle cose deriva sicuramente da un atto intuitivo (non c’è altra via). Intuendo quella cosa, mi rendo conto che essa è così. Sono dunque autorizzato a supporre che la cosa è così e non può essere altro che così? Cioè: che è necessario che essa sia così? Credo che questo passaggio non solo non sia necessario, ma sia anche scorretto. Nella mia intuizione quella cosa è così; ma potrebbe essere anche in altro modo (se la mia intuizione è sbagliata)
I metafisici invece sull’evidenza delle cose basano la costruzione delle loro verità. Una citazione per tutte. Vanni Rovighi sostiene:
“E perché diciamo: le cose stanno così? Perché siamo sicuri che le cose stanno così?[Sofia Vanni Rovighi, Elementi di filosofia, Brescia, 1989, vol. 1, p. 161].
La risposta non può essere che una: perché vediamo che stanno così. Questo carattere per cui la cosa si manifesta è l’evidenza intrinseca. Abbiamo già detto parlando della conoscenza in generale che non ci può essere altro criterio primo e fondamentale di verità e che sull’evidenza deve fondarsi chiunque pretenda di esprimere una affermazione che abbia valore”.
L’intuizione si basa sulla mia percezione del mondo. Cosa assicura la sua correttezza? Ecco perché debbo associarvi il dubbio metodico.
Credo si possa affermare che se il lavoro massonico vuole portare alla costruzione dell’uomo nuovo (indicato dalla duplice contrapposizione passaggio agli inferi – morte e scoperta della luce – nascita ) bisogna che l’operatore operi sulle contrapposizioni apparentemente inconciliabili che sente in sé per raggiungere la completezza, rendendosi conto che la ragione (uno strumento, ma non l’unico) da sola può certo raggiungere risultati apprezzabili, ma non ampli come quelli che il camminatore può raggiungere utilizzando tutti gli strumenti. Ecco perché la Massoneria non può essere ridotta alla filosofia: le diverse posizioni filosofiche per esempio esprimono i diversi accenti della ragione e quindi rappresentano la/le contrapposizione/i propria/e del mondo del binario, che vengono superate completando la ragione con altri strumenti.
Lavorando appropriatamene con gli strumenti che il lavoro di officina mette a disposizione il libero muratore dovrà superare le contrapposizioni, costruendo lo sviluppo armonico (cioè superamento) del bianco e del nero. E quindi, per restare nell’esempio citato di contrapposizione ragione e intuizione, non razionalismo ristretto nei confini del pensiero materiale e nemmeno slanci fantastici di intuizionismi o peggio fantasie suggestive (fr. il capitolo Il fantasma nella scatola nera in Jean-François Revel e Matthieu Ricard, Il monaco e il filosofo, Milano, 1997).
OSSERVAZIONE
Si faccia però attenzione anche al distorto uso della ragione. Per esempio vi sono teologi di parte cattolica che distinguono tra ragione e retta ragione. La ragione non può essere limitata nella ricerca (anche se va contro le tue credenze) e non può avere come obiettivo il contenuto della rivelazione di una religione: come limite (ammesso che limite sia il termine corretto) può avere solo lo sviluppo armonico con l’intuizione (l’intuizione – e quindi anche la fede – fornisce un contenuto che la ragione vaglia, accettando o rifiutando). A sua volta l’intuizione può “ricercare” altri contenuti, ma sempre tenendo presenti i risultati e le conquiste della ragione. Scrive Elio Rindone:D'altra parte, una cultura pluralistica come la nostra, in cui sono sempre meno numerosi coloro che si riconoscono in tale 'patrimonio spirituale, rende impraticabile l'uso della nozione di 'retta ragione': di fronte a concezioni filosofiche contrastanti, come non coltivare il dubbio che proprio la nostra tesi potrebbe essere frutto di un uso scorretto della ragione? Un dialogo autentico tra persone che hanno posizioni radicalmente diverse oggi è possibile solo se ciascuno, cosciente dei propri limiti e rispettoso della dignità altrui, porta argomenti a sostegno delle proprie tesi, pronto a rigettarle e ad accettare quelle dell'interlocutore se queste apparissero meglio fondate.(da www.ilgiardinodeipensieri.com).
Una delle prime contrapposizioni da risolvere si basa sull’opposizione maschile-femminile e comporta che l’uomo si riappropri anche del proprio aspetto femminile (ecco l'importanza del grado di compagno!)primo passo per giungere alla completezza dell’ homo novus.
E qui sorge il problema della questione femminile.
Nessun commento:
Posta un commento