Uscito dal Gabinetto di Riflessione il Candidato, in precedenza privato dei "metalli", è spogliato di una parte dei vestiti (braccio e petto sinistro, gamba e ginocchio destro scoperti); è senza scarpa sinistra, ha una corda al collo ed è bendato.
A prima vista può sembrare una specie di umiliazione oppure un modo di coinvolgere maggiormente il recipiendario nello psicodramma, anche se non dobbiamo dimenticare che il rito non deve fare appello solo alla emotività, ma alle facoltà più elevate dell’uomo.
Abbiamo già imparato che ogni atto ha un suo senso riposto, e spesso più d’uno, per cui non dobbiamo accontentarci di risposte superficiali.
La spoliazione dei metalli può indicare la necessità che il recipiendario si spogli di tutto ciò che lo può appesantire (passioni, preconcetti, schematismi culturali, ideologici e religiosi). Se percorrere la via significa raggiungere stati nuovi e diversi, allora il punto di partenza deve essere l’uomo nella sua integrità originaria senza le sovrastrutture che si è costruito nella vita: una pietra grezza sulla quale lavorare, anzi – meglio – una pietra malsquadrata che deve ritornare grezza per essere ri-lavorata.
In un certo senso è come un ritorno al punto di partenza dell’Opera.
Ha gamba e ginocchio destri scoperti.
La parte destra indica il lato della razionalità, che deve servire da fondamento nel percorso. Il piede sinistro è scalzo. I piedi sono la parte sensitiva denudata per indicare il collegamento tellurico. Qui è solo il piede sinistro, quasi ad indicare che l’intuizione nel profano che vuole iniziare un certo cammino è ancora troppo vincolata agli istinti e – come progetto – su questo si dovrà lavorare (non tanto per eliminare il collegamento, quanto per trasformarlo).
Mosè avanza a piedi scalzi nel roveto ardente.
Giasone viene riconosciuto perché è privo di un sandalo (ma anche, per la fondamentale ambiguità del simbolo, Teseo viene riconosciuto dal padre Egeo dai sandali).
Per Tucidide la psiché, o genio, era associata alle ginocchia ed ai piedi perché tenere il piede scalzo dava genialità in battaglia e nel pericolo. Eracle lottò con il gigante Anteo (secondo alcuni figlio di Poseidone e della Terra, ma dall'etimo del nome molto significativo: “colui che incontra”) che riacquistava le forze ogni volta che toccava il suolo. Lo vinse tenendolo sollevato da terra fino al suo sfinimento.
Il recipiendario ha scoperti anche braccio e petto sinistro.
La parte sinistra indica l’intuizione, le facoltà extra-razionali. E’ la parte del cuore. Il cuore dell’uomo è simbolicamente il centro dei sentimenti, quasi motore del resto.
Le due parti, destra e sinistra, possono indicare le due modalità entro le quali dovrà svilupparsi il lavoro del Libero Muratore: l’arco è sostenuto da due colonne, il principio universale delle polarità, distinte e contrapposte ma unite nella “tolleranza” dell’arco.
La corda al collo può ricordare il cordone ombelicale che alla nascita lega il neonato al corpo della madre, ma anche il legame che impedisce la conquista della propria libertà. Come la recisione del cordone ombelicale indica l’atto del nascere, la liberazione dalla corda mostra la volontà di liberarsi.
La benda indica la cecità del profano, che si lascia condizionare dai rumori della materialità e non conosce la luce, che cerca, ma che non ha ancora trovato. Ma anche, simbolicamente, chi riesce a vedere nell’altrove è materialmente cieco: nell’antichità l’indovino Tiresia, che vede il futuro, è appunto cieco.
La benda può anche essere intesa come modalità operativa: la luce va cercata al proprio interno e si devono rifiutare obiettivi esterni, pena il fallimento.
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