martedì 27 ottobre 2015

Il Maestro nel Gabinetto di Riflessione 7

(continua dal post precedente)

Il soggiorno di Ulisse nel Gabinetto di Riflessione sta volgendo al termine.

Ulisse-2 rimane in silenzio per alcuni minuti. Poi continua.

«Vedi, Ulisse, non avere equilibrio significa avere perso qualcosa di sé, essersi separato da qualcosa di sé. L’uomo “diviso” in un certo senso soffre, appunto perché sente che gli manca qualcosa. Che cosa? Noi possiamo solo immaginarcelo.

Soffre perché è diviso dalla totalità, magari ricercando vagamente quella specie di “anima di gruppo” alla quale un tempo lontano apparteneva?

Soffre perché è diviso dalla sua metà avendo smarrito la sua componente opposta, come un Adamo che ha perso la sua Eva?».

«Mi sembri uno psicanalista!» ribatte Ulisse.

«Attento Ulisse – lo ammonisce il suo interlocutore – a non confondere i piani. Qui ci muoviamo su un terreno simbolico, mentre la psicanalisi è una attività medica. Hanno certo punti in comune, ma le tornate di Loggia non sono terapia di gruppo: ne verrebbe snaturata la funzione. Certi simboli, certi atteggiamenti possono essere interpretati anche con strumenti psicanalitici, ma solo nei primi passi, poi bisogna volare alto e abbandonare gli schemi umani».

«Volare alto!?!».

«Essere Maestri significa affilare sempre più la propria sensibilità».

«Che vuol dire? Non è già abbastanza affinata la sensibilità del Compagno?».

«Ti hanno detto Ecco Hiram rinato fra noi. E’ una bella frase, ma non è una presa d’atto di qualcosa che è avvenuto in te. E’ solo un bel sogno».

«Sogno? Non sei riduttivo?» chiede polemicamente Ulisse.

«Esistono sogni che ti cambiano la vita perché li senti come progetto di qualcosa che tu devi (sì, proprio un imperativo: devi!) progettare e mettere in essere. Anche Hiram è un bel sogno, ma – se vuoi – ti cambierà la vita».

«Cioè?».

«Hiram è un concentrato di energie. Mettile in movimento».

«Che vuol dire?»

«C’è un grande rimpianto nell’uomo, il rimpianto di qualcosa perso definitivamente, di un sentiero irrimediabilmente franato, che non puoi più percorrere all’indietro.

E’ un rimpianto talmente profondo e radicato che tutti gli uomini, sotto qualunque cielo, in qualunque clima, hanno costruito? recepito? sognato? (forse sognato è il termine più bello, perché qui siamo nella concretezza del sogno che guida l’uomo che non dorme)...

Questi uomini dunque hanno sognato il mito dell’età dell’oro, il mito del Paradiso perduto, il mito cioè di qualcosa che si possedeva e poi si è persa.

Questo sogno è inscritto indelebilmente nel nostro patrimonio genetico: la nostalgia del ventre materno, vero e proprio laboratorio materiale, psicologico e spirituale del futuro adulto. E’ il nostro (nostro di uomini adulti) ricordo inconscio del Paradiso Perduto.

Il Massone ha dei rimpianti per la mitica età dell’oro? Sì, probabilmente sì.

Ma non in quanto Massone, bensì in quanto uomo.

Però il Massone non “rimpiange” il cantiere del Tempio di Salomone come un mitico periodo di giustizia e prosperità. Hiram è appunto una leggenda, un “sogno-guida”. In un certo senso il Massone non rimpiange nulla, ma cerca.

Tipicamente nostro è il simbolo della Parola Perduta. Ma non significa averla prima conosciuta e poi, per qualche evento catastrofico, dimenticata. No. 

L’uomo, così come è, non ha la capacità di conquistarla, la Parola, e chi ci riesce (quei pochi che ci riescono) non può comunicarla ad altri; e non per imperscrutabili decreti divini ma solo perché non è possibile, come non è possibile che l’uomo semplicemente agitando le braccia possa volare. 

Cercare la Parola significa conquistarla, da soli, per se stessi».

«Qui sta il difficile!»

«Sì. E’ difficile perché non esiste il manuale della “perfetta ricerca”.

Vedi, la Massoneria fu chiamata un grande nulla. E’ stata una considerazione che mi ha sempre trovato contrario; ma, a ben guardare, ha un fondo di verità: è un vuoto che l’uomo riempie con se stesso, con le sue aspirazioni e le sue ricerche».

«...E il suo lavoro».

«Certo – conclude Ulisse-2 – Il lavoro del Libero Muratore è fondamentale.

E’ individuale e personale, continuo, di giorno e di notte. In Loggia periodicamente si verifica con il lavoro degli altri, ma quella è solo una verifica e un accogliere nuovi spunti per la propria attività».

«Insomma, è un lavoro individuale ma puntellato di relazioni umane...».

Ulisse non fa in tempo ad aggiungere altro. Il Vecchio Copritore apre la porta.

«Ulisse, vieni. La Loggia è aperta in Terzo Grado e desidera accoglierti come Maestro Libero Muratore».

Poi aggiunge:

«Tu, Maestro, hai ancora la spada puntata sul petto nudo...

Tu, Maestro, ancora sali e risali sulla scala curva...

Tu, Maestro, hai scavalcato una bara, ma solo quella simbolica...

Tu, Maestro, “conosci l’acacia”, ma non quella vera, solo quella simbolica...

Tu, Maestro, hai ancora vincoli, non simbolici, ma vincoli veri...».

Giunti alla porta Ulisse bussa, mentre sottovoce, quel vecchio ed esperto Massone aggiunge: «Ulisse, non inorgoglirti. Ricordati che hai appena cominciato a camminare...».

La porta si apre ed il Copritore Interno lo annuncia: «E’ alla porta Ulisse, Maestro Libero Muratore, che chiede di entrare».

La via è appena iniziata.

(fine)

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