Il soggiorno di Ulisse nel Gabinetto di Riflessione sta volgendo al termine.
Ulisse-2 rimane in silenzio per alcuni
minuti. Poi continua.
«Vedi,
Ulisse, non avere equilibrio significa avere perso qualcosa di sé,
essersi separato da qualcosa di sé. L’uomo “diviso” in un
certo senso soffre, appunto perché sente che gli manca qualcosa. Che
cosa? Noi possiamo solo immaginarcelo.
Soffre
perché è diviso dalla totalità, magari ricercando vagamente quella
specie di “anima di gruppo” alla quale un tempo lontano
apparteneva?
Soffre
perché è diviso dalla sua metà avendo smarrito la sua componente
opposta, come un Adamo che ha perso la sua Eva?».
«Mi sembri uno psicanalista!» ribatte
Ulisse.
«Attento Ulisse – lo ammonisce il
suo interlocutore – a non confondere i piani. Qui ci muoviamo su un
terreno simbolico, mentre la psicanalisi è una attività medica.
Hanno certo punti in comune, ma le tornate di Loggia non sono terapia
di gruppo: ne verrebbe snaturata la funzione. Certi simboli, certi
atteggiamenti possono essere interpretati anche con strumenti
psicanalitici, ma solo nei primi passi, poi bisogna volare alto e
abbandonare gli schemi umani».
«Volare alto!?!».
«Essere Maestri significa affilare
sempre più la propria sensibilità».
«Che vuol dire? Non è già abbastanza
affinata la sensibilità del Compagno?».
«Ti hanno detto Ecco Hiram rinato
fra noi. E’ una bella frase,
ma non è una presa d’atto di qualcosa che è avvenuto in te. E’
solo un bel sogno».
«Sogno? Non sei
riduttivo?» chiede polemicamente Ulisse.
«Esistono sogni
che ti cambiano la vita perché li senti come progetto di qualcosa
che tu devi (sì, proprio un imperativo: devi!) progettare e mettere
in essere. Anche Hiram è un bel sogno, ma – se vuoi – ti
cambierà la vita».
«Cioè?».
«Hiram è un
concentrato di energie. Mettile in movimento».
«Che vuol dire?»
«C’è un grande rimpianto nell’uomo,
il rimpianto di qualcosa perso definitivamente, di un sentiero
irrimediabilmente franato, che non puoi più percorrere all’indietro.
E’ un rimpianto talmente profondo e
radicato che tutti gli uomini, sotto qualunque cielo, in qualunque
clima, hanno costruito? recepito? sognato? (forse sognato è il
termine più bello, perché qui siamo nella concretezza del sogno che
guida l’uomo che non dorme)...
Questi uomini dunque hanno sognato
il mito dell’età dell’oro, il mito del Paradiso perduto, il mito
cioè di qualcosa che si possedeva e poi si è persa.
Questo sogno è
inscritto indelebilmente nel nostro patrimonio genetico: la nostalgia
del ventre materno, vero e proprio laboratorio materiale, psicologico
e spirituale del futuro adulto. E’ il nostro (nostro di uomini
adulti) ricordo inconscio del Paradiso Perduto.
Il Massone ha dei rimpianti per la
mitica età dell’oro? Sì, probabilmente sì.
Ma non in quanto
Massone, bensì in quanto uomo.
Però il Massone non “rimpiange” il
cantiere del Tempio di Salomone come un mitico periodo di giustizia e
prosperità. Hiram è appunto una leggenda, un “sogno-guida”. In
un certo senso il Massone non rimpiange nulla, ma cerca.
Tipicamente nostro è il simbolo della
Parola Perduta. Ma non significa averla prima conosciuta e poi, per
qualche evento catastrofico, dimenticata. No.
L’uomo, così come è,
non ha la capacità di conquistarla, la Parola, e chi ci riesce (quei
pochi che ci riescono) non può comunicarla ad altri; e non per
imperscrutabili decreti divini ma solo perché non è possibile, come
non è possibile che l’uomo semplicemente agitando le braccia possa
volare.
Cercare la Parola significa conquistarla, da soli, per se
stessi».
«Qui sta il difficile!»
«Sì. E’ difficile perché non
esiste il manuale della “perfetta ricerca”.
Vedi, la
Massoneria fu chiamata un grande nulla.
E’ stata una considerazione che mi ha sempre trovato contrario; ma,
a ben guardare, ha un fondo di verità: è un vuoto che l’uomo
riempie con se stesso, con le sue aspirazioni e le sue ricerche».
«...E il suo
lavoro».
«Certo
– conclude Ulisse-2 – Il lavoro
del Libero Muratore è fondamentale.
E’ individuale e personale,
continuo, di giorno e di notte. In Loggia periodicamente si verifica
con il lavoro degli altri, ma quella è solo una verifica e un
accogliere nuovi spunti per la propria attività».
«Insomma,
è un lavoro individuale ma puntellato di relazioni umane...».
Ulisse non fa in tempo ad aggiungere
altro. Il Vecchio Copritore apre la porta.
«Ulisse, vieni. La Loggia è aperta in
Terzo Grado e desidera accoglierti come Maestro Libero Muratore».
Poi aggiunge:
«Tu, Maestro, hai ancora la spada puntata sul petto nudo...
Tu, Maestro, ancora sali e risali sulla scala curva...
Tu, Maestro, hai scavalcato una bara, ma solo quella simbolica...
Tu, Maestro, “conosci l’acacia”, ma non quella vera, solo
quella simbolica...
Tu, Maestro, hai ancora vincoli, non simbolici, ma vincoli veri...».
Giunti alla porta Ulisse bussa, mentre
sottovoce, quel vecchio ed esperto Massone aggiunge: «Ulisse, non
inorgoglirti. Ricordati che hai appena cominciato a camminare...».
La porta si apre ed il Copritore
Interno lo annuncia: «E’ alla porta Ulisse, Maestro Libero
Muratore, che chiede di entrare».
La via è appena iniziata.
(fine)
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